Non solo un oggetto feticcio da sfoggiare ma anche un esempio di architettura, scultura e cambiamento: "La progettazione è sicuramente la parte più lunga, mentre la realizzazione del prototipo dipende dalla sua complessità", ha detto Gianluca Tamburini, designer italiano che espone al Brooklyn Museum la sua creazione "Mardi Gras"
Da sempre sinonimo di provocazione e particolarità, le scarpe con il tacco restano uno degli oggetti più desiderati dalle donne di tutto il mondo, tanto da scatenare veri e propri fenomeni di collezionismo. Per questo il Brooklyn Museum di New York ha deciso di inaugurare la mostra “Killer Heels -The Art of the High-Heeled Shoe”, che resterà aperta fino al 15 febbraio 2015. Sono 160 i modelli di tacchi d’artista che conquistano le vetrine e gli spazi dell’esposizione, seguendo un filo logico che parte dalle creazioni italiane del 1500 per arrivare fino alla linea “Printz”, disegnata da Christian Louboutin per la primavera/estate 2013-2014.
In mezzo le scarpe di Elsa Schiaparelli (in collaborazione con Salvador Dalì), Chanel, Tom Ford, Prada, Alexander McQueen e Manolo Blahnik; i tacchi alti non sono soltanto un oggetto feticcio da sfoggiare, ma un esempio di architettura, scultura e cambiamento. A raccontare l’evoluzione della scarpa nel corso dell’ultimo secolo ci sono anche sei cortometraggi che scorrono sulle pareti del Brooklyn Museum, riflesso delle menti di alcuni artisti: Ghada Amer, Reza Farkhondeh, Zach Gold, Steven Klein, Nick Knight, Marilyn Minter e Rashaad Newsome.
Dietro ogni modello si nascondono lunghi mesi di progettazione e realizzazione: ogni scarpa è unica nel suo genere, intimamente legata alla mente dello stilista che l’ha concepita. A confermarlo è anche Gianluca Tamburini, designer italiano, ideatore della linea Conspiracy, chiamato dal Brooklyn Museum a esporre uno dei suoi modelli, la Mardi Gras: “I tempi variano a seconda della scarpa – racconta a ilfattoquotidiano.it -. La progettazione è sicuramente la parte più lunga, mentre la realizzazione del prototipo dipende dalla sua complessità: in generale quando si tratta di tacchi scultura ci vuole più tempo”. Non è la prima volta che Gianluca Tamburini espone i suoi modelli in un museo d’oltreoceano: “Sono stato contattato dal Brooklyn Museum dopo che avevano visto le mie scarpe esposte alla mostra Shoe Obsession nel Fashion Institute of Technology di New York – spiega – mi hanno chiesto di fornire un modello delle mie scarpe, come dimostrazione dello sviluppo del tacco-scultura negli ultimi anni”.
Tessuti damascati, modelli in cristallo, suole rosse, zeppe intagliate nel legno, inserti in plastica: passato e futuro delle calzature convivono in un’esposizione che racconta l’evoluzione della storia della moda. I tacchi alti, infatti, sono da sempre il modello di scarpa più apprezzato dalle donne; ma qual è il segreto del loro successo? “Il tacco produce un assetto meccanico, è l’unico indumento che migliora la falcata: indossandolo ti fa sentire automaticamente più alta e slanciata – racconta Tamburini -, “Sentendosi meglio con se stessa, la donna sta meglio anche con gli altri. Una borsa, per quanto bella, non potrà mai produrre un cambiamento così fondamentale nella figura”.
Ma non si tratta solo di un aspetto puramente estetico; al Brooklyn Museum la scarpa è soprattutto un’opera d’arte, stravagante e decorata: ma come si fa a tenere il passo con l’evoluzione e a restare sempre ispirati? “E’ difficile da spiegare, io ho vissuto due periodi legati alla mia linea: la prima collezione era connessa a un viaggio intorno al mondo”, spiega, “mentre per quella successiva ho preso ispirazione dalla natura e, in particolar modo, dal momento di nascita del germoglio”. Un’idea che gli ha permesso di esporre le sue creazioni accanto a quelle di Salvatore Ferragamo, Nicholas Kirkwood e altri grandi designer: “E’ una bella soddisfazione, quando ho iniziato a fare scarpe, non avrei mai immaginato di finire a esporle in un museo – ammette -, sono consapevole che i miei modelli vengono esposti vicino a quelli dei designer a cui mi sono sempre ispirato, ma sono abituato a guardare avanti e a cercare di fare sempre meglio”.