E alla fine arriva il quesito che aleggia da quattro giorni: “Lei è massone?”. La domanda del giornalista di Repubblica a Matteo Renzi, nell’intervista pubblicata domenica, è nell’aria da quando Ferruccio de Bortoli, direttore uscente del Corriere della Sera, in un editoriale durissimo nei confronti del governo ha evocato l'”odore di massoneria“ intorno al premier e al patto del Nazareno con Silvio Berlusconi. Del quale è nota l’iscrizione alla loggia P2, quella del “maestro venerabile” Licio Gelli di cui secondo Beppe Grillo il presidente del Consiglio è “figlioccio”. Quella che a un certo punto (metà anni ’70) il quotidiano di via Solferino se lo comprò. Dalle pagine del concorrente Repubblica, però, Renzi nega “nel modo più categorico”. “A casa nostra siamo boy scout, non massoni”, è la risposta secca. “Una famiglia di boy scout che viene improvvisamente associata alla massoneria per via di un simpatico editoriale del direttore di un quotidiano. A me non fa né caldo né freddo. Ma mio padre (Tiziano, indagato a Genova per bancarotta, ndr) cresciuto con il mito di Benigno Zaccagnini e Tina Anselmi deve ancora riprendersi”.
Nessun cedimento nemmeno di fronte al quesito successivo, sugli eventuali “sospetti su qualche suo recente e frequente interlocutore”. Come lo stesso Berlusconi o il senatore di Fi Denis Verdini, l’uomo delle trattative con il Pd, coinvolto nello scandalo sulla cosiddetta P3. Proprio i due esponenti della “vecchia guardia” del centrodestra che, secondo Massimo D’Alema (intervistato sempre domenica dal Corriere), è “l’unica con cui Renzi interloquisce”. “Ho visto logiche di interessi personali, di ambizioni, di strategie”, replica il premier. “Ma non ho mai visto – nemmeno da sindaco – questa potente massoneria all’opera”. Poi la spiegazione sulla genesi del fuoco incrociato aperto contro il governo da “direttori di giornali, imprenditori, banchieri, prelati” (qui il riferimento è alle esternazioni della Cei): “Ai più è apparso come un attacco studiato, io sono così beatamente ingenuo che preferisco credere alle coincidenze“. Coincidenza, dunque, anche il fatto che nel suo consueto editoriale domenicale Eugenio Scalfari scriva che la “pentola d’acqua messa sul fuoco da Renzi” contiene per ora, appunto, solo acqua. Che comincia peraltro “ad evaporare”, mentre il premier “non sembra il più adatto” per “ricreare una sinistra che metta in testa le tutele dovute ai lavoratori”.
Tornando all’intervista, dopo la conferma di voler rottamare l’articolo 18 arriva l’ormai consueta tirata sui “poteri forti o presunti tali”. Quelli cioè “che in questi vent’anni hanno assistito silenziosi o complici alla perdita di competitività dell’Italia”. “Io governo senza di loro. Non contro di loro: semplicemente senza di loro. Senza consultarli. Senza omaggiarli. Senza accontentarli. Sono una persona senza padroni, senza padrini“. Eppure ai “salotti buoni” il presidente del Consiglio ha appena lanciato un bel salvagente nella forma dell’introduzione in Italia delle azioni a voto plurimo. E due giorni si è scambiato affettuosità con Sergio Marchionne che ha pubblicamente “scaricato” de Bortoli dopo il suo editoriale. In più, solo sabato Renzi era fianco a fianco con quegli stessi potenti alla cerimonia di nozze dell’amico Marco Carrai, di cui è stato testimone. Come racconta Davide Vecchi su Il Fatto Quotidiano di domenica, infatti, nella Basilica di San Miniato al Monte ha sfilato il gotha dell’economia e della finanza: da Fabrizio Viola, amministratore delegato di Mps, a Gian Maria Gros Pietro, presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, dall’ex Bce Lorenzo Bini Smaghi, ora presidente di Snam, a Giuseppe Recchi, presidente Telecom, e Marco Morelli di BofA Merril Lynch. Ma anche Chicco Testa, presidente di Assoelettrica, Davide Serra, numero uno del fondo di investimento Algebris e finanziatore della prima ora di Renzi, Oscar Farinetti, patron di Eataly, e Paolo Fresco, ex ad di Fiat.
Sia come sia, Renzi ostenta tranquillità rispetto ai rumors in base ai quali quei poteri starebbero cospirano per sostituirlo con il governatore di Bankitalia Ignazio Visco. “Se pensano di avere i numeri e il candidato giusto ci provino”. Quanto alle critiche di Della Valle, che secondo il giornale di Largo Fochetti sta preparando una “squadra per un governo alternativo”, il premier liquida il patron di Tod’s (che ha bollato il tète a tète con l’ad di Fca come “incontro tra due grandissimi sòla”) definendolo “un buon imprenditore” che “vedremo come farà come politico”: “Se vuole misurarsi in prima persona, gli auguro di cuore i successi più belli. Con affetto e senza nessuna polemica”. Parola di scout.