Considero fare la fila per il pane un fatto drammatico. Considero fare la fila per un cellulare un fatto deprimente.

Nello stesso giorno in cui sono tanti quelli che si possono, comunque, permettere di spendere centinaia di euro per un oggetto la cui funzione principale sarà oggetto di culto, accade altrove un’altra storia. Un ragazzo compie 18 anni, la famiglia fa una colletta per realizzare il suo sogno: regalargli un tablet. Nel frattempo, altrove, altri si mettono in fila per un telefono. Il neo maggiorenne fa vita randagia, si sposta di città in città per lavare vetri alle auto. Altrove, negozi sono presidiati da clienti in sacco a pelo. Quella stessa notte il ragazzo col tablet (ora lo si può classificare come un qualunque “ragazzo con gli occhiali”) trova rifugio sotto un ponte, ospite di un amico, su un materasso sudicio: in cambio gli dovrà prestare il tablet. Altrove si alzano serrande, la terra promessa spalanca i registratori di cassa. Sotto al ponte, l’amico ubriaco restituirà al ragazzo diciottenne solo una coltellata, per il dolore dei famigliari che non hanno nemmeno i soldi per la cassa funebre. Altrove, i primi sguaiati sorrisi di chi ce l’ha fatta, immortalati in fatti di cronaca che non sarà nera, ma è altrettanto buia.

A cosa serve questo racconto ispirato a fatti reali? A fermarsi un po’, a riflettere. A intravedere una luce in fondo al tunnel. Anzi no, è un display acceso.

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