Cinema

Perez., anime reiette in una Napoli d’acciaio nel nuovo film con Zingaretti

La pellicola, presentata fuori concorso all’ultima Mostra veneziana è pronta per l’uscita in sala il 2 ottobre prossimo. Tra i protagonisti Giampaolo Fabrizio che interpreta il padre di una delle tante, troppe vittime di una criminalità quotidiana apparentemente inarrestabile

di Anna Maria Pasetti

“Tu non l’hai proprio capita la merdosità della situazione”. L’avvocato Merolla non ha più peli sulla lingua, anzi forse non ne ha mai avuti, ma ora che la vita gli si accartoccia contro, le sue parole suonano di assoluta spietatezza. D’altra parte, perché mentire al suo amico più caro, il collega Demetrio Perez. Siamo nella Napoli d’acciaio del Centro Direzionale, il Tribunale delle anime più reiette è il cuore dei fatti & misfatti di ogni avvocato operativo nel capoluogo campano e quello da cui si aprono le scene del film Perez., opera seconda di Edoardo De Angelis, giovane regista partenopeo che dopo l’esordio Mozzarella Stories sta affermandosi tra le voci più interessanti del cosiddetto neo-Italian-criminal-genre. Perez. è stato presentato fuori concorso all’ultima Mostra veneziana ed ora è pronto per l’uscita in sala il 2 ottobre prossimo. Protagonista è Luca Zingaretti nei panni dell’avvocato d’ufficio Perez, suo “avversario” è il ricercato Francesco Corvino (Marco D’Amore, star di Gomorra – La serie): i due uomini s’incontrano giacché quest’ultimo è il nuovo fidanzato di sua figlia Tea, ventenne spavalda e orgogliosa.

La “situazione di merdosità” evocata da Ignazio Merolla è proprio quest’amore che “non s’ha da benedire”. A dar corpo e voce al personaggio più tragico di Perez. è l’attore Giampaolo Fabrizio in un’interpretazione memorabile. Già interprete del gangster Ciccio Dop per Mozzarella Stories, De Angelis l’ha voluto ancora al suo fianco perché “cercavo un essere umano che fosse in grado di sintetizzare il paradosso che fosse la quintessenza dell’esistenza, cioè un’esistenza drammatica con ironia. Lui era perfetto per questo”.

Cinquantasette anni, napoletano, Fabrizio è un attore completo: una vita tra i palcoscenici italiani, qualche film e la televisione (da Calciomania a Striscia la notizia) dove spopola nei panni parodistici di Bruno Vespa. Ha accettato di diventare il controverso e crepuscolare avvocato amico e confidente di Perez, perché “in realtà, Ignazio Merolla è molto distante dalla mia vita, dalla mia serenità e dal mio inguaribile ottimismo. Ma Edoardo, al quale sono legato da lunga e profonda amicizia, conosce perfettamente il legame speciale che mi lega a mio figlio Gianmarco (da poco diciottenne). Ha intuito che in virtù di questo profondo amore avrei potuto trarre ispirazione per trasmettere in scena il dolore che può provare un padre per la perdita di un figlio, come accade a Merolla”. Così Giampaolo Fabrizio spiega a ilfattoquotidiano.it, ricordando che il figlio del suo personaggio, Angelo, scompare a causa di un colpo di pistola esploso erroneamente per strada. Una mina vagante come tante che quotidianamente affliggono lo splendore umano e urbano di Napoli.

Ed è da lì, da quel tragico contesto, che nasce la tragicità di Merolla, uomo depresso fino alla morte, emblema delle tante, troppe vittime di una criminalità quotidiana apparentemente inarrestabile. Secondo l’attore, che ben conosce il territorio, anche di fronte alle emergenze “le istituzioni girano colpevolmente la faccia dall’altra parte, e poi ci si ritrova a dover convivere con quel “male”, così ben descritto nelle immagini di Gomorra, in una terra che forse si è irrimediabilmente ammalata”. Il cinema e la cultura in generale però possono contribuire ad offrire qualche cura. “Credo il cinema possa continuare a scuotere le coscienze non solo svolgendo un’azione di denuncia ma aiutando comprendere i fenomeni criminali analizzandoli al loro interno, esattamente come proposto dall’analisi oggettiva e spietata di Saviano che ha ispirato mirabilmente Gomorra. Ma non basta: bisogna riappropriarsi del territori che sembrano perduti. La denuncia deve arrivare soprattutto nei luoghi dove violenza, arroganza e prevaricazione hanno messo radici. Napoli non ha bisogno di “leggi speciali” o dell’esercito ma, piuttosto, di una presenza costante e visibile sul territorio che deve necessariamente coinvolgere cittadini in comunione con istituzioni e forze dell’ordine. Per questa rivoluzione culturale io mi sento già in prima linea, non mi tirerò mai indietro, e so di certo che tantissimi napoletani (e non) onesti e di buona volontà stanno aspettando solo un cenno per mobilitarsi”.

Il trailer

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