Devo ammettere che stavolta Beppe Grillo c’ha azzeccato in pieno. In un suo post di qualche giorno fa il Beppe nazionale afferma fra l’altro quanto segue: “I lavoratori si sono guadagnati quei diritti minimi con decenni di lotte e non li cederanno alla massoneria o alle banche che hanno distrutto intere economie con la bancarotta della finanza del 2008. L’equazione che vogliono far passare questi pescecani è semplice: chiudere i buchi della finanza internazionale con la sottrazione dei diritti sociali. Trasformare i lavoratori in schiavi. E per farlo, da noi hanno messo lì un vecchio e un bambino. L’articolo 18 non si tocca“. Frasi di lapidaria chiarezza con le quali non si può che concordare. Bravo Beppe! Se ci mettiamo un più recente post in materia di incidenti del lavoro, la soddisfazione aumenta. Forse è un po’ presto per parlare di svolta di classe del Movimento Cinque Stelle, ma una persona di fine intuito politico come Grillo ha capito che il tempo sta cambiando. E sarà davvero un piacere incontrarlo su quelle barricate (prima però per decenza si liberi della famiglia Casaleggio associati e di quasi tutti i suoi alleati europei).
Dall’altra parte della barricata cominciano del resto a capirlo anche i poteri forti, che cominciano a valutare l’ipotesi di rottamare il fanfarone tronfio e parolaio che hanno messo a capo del Governo. Non credo che l’editoriale di qualche giorno fa del direttore del Corriere della Sera sia solo una fanfaluca di un vecchio e navigato giornalista che vede avvicinarsi il momento della pensione. E Renzi continua a peggiorare, si veda da ultimo la geniale trovata del Tfr in busta paga, ovvero come liquidare in un colpo solo le prospettive pensionistiche dei lavoratori e moltissime piccole aziende.
L’art. 18 non si tocca e chi prova a farlo va incontro a una rovinosa sconfitta nel Paese. Questo deve essere chiaro. Come ho spiegato in uno dei miei ultimi post si tratta di norma a forte contenuto simbolico, ma anche fortemente deterrente che garantisce gli ultimi scampoli rimasti di diritti dei lavoratori nel nostro Paese. La maldestra offensiva di Renzi, incalzato dai poteri forti e dalle forze europee dominanti, anche a fronte del suo fallimento sul piano dell’economia, potrebbe avere l’effetto di scatenare una vasta reazione. Già Cgil e sindacati di base, specie l’Usb, si muovono verso grandi manifestazioni e verso l’inevitabile sciopero generale. Non solo per difendere l’art. 18 ma per estendere i diritti dei lavoratori di ogni categoria e tipo, riconquistando unità, intergenerazionale e di classe, contro ogni demagogico tentativo di divisione.
In questo caso del resto, non c’è solo irresponsabile demagogia e volontà di continuare a scaricare i costi della crisi sulla parte più debole del Paese (che sarebbe ora cominciasse a diventare meno debole), ma anche violazione delle norme costituzionali dal punto di vista formale. Il punto è stato sollevato dai giuristi democratici, in una lettera aperta indirizzata a Napolitano, in quanto supremo garante della Costituzione, nella quale si afferma fra l’altro quanto segue: “I Giuristi democratici hanno voluto ricordare come «l’art. 76 della Carta impone come “l’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principî e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti”, limite all’evidenza violato da un testo che consente al relatore dell’emendamento e al relatore del Dddl di affermare lo stesso giorno che la delega assegnata al Governo abbia contenuti diametralmente opposti. E l’art. 77 consente al Governo di emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria solo “in casi straordinari di necessità e d’urgenza”, che non possono certo essere rappresentati dall’intenzione delle Camere di espletare in modo non solo formale la propria funzione legislativa». I Giuristi Democratici hanno quindi invitato il presidente Napolitano a pronunciarsi non già sul merito del provvedimento ma «sul doveroso rispetto da parte delle Camere del disposto dell’art. 76 e sul doveroso rispetto da parte del Governo delle prerogative del Parlamento ai sensi dell’art. 77», affermando che «solo così sarà possibile riportare il dibattito dalle interviste giornalistiche e dai conciliaboli segreti nella sua sede propria —ovverosia nelle aule del Senato e della Camera— al fine di consentire a tutti i cittadini di poter valutare in trasparenza le proposte in campo, rendere chiare le mediazioni politiche e rispettare la sovranità del popolo fondata sulla insuperabile distinzione tra funzione legislativa e funzione esecutiva».
Ancora una volta l’arroganza governativa e padronale travolge insieme garanzie formali e diritti sostanziali. Personalmente non mi illudo certo che Napolitano dia risposte esaurienti sul punto che è stato posto dai giuristi democratici. E’ noto infatti come sia lui uno dei registi dell’operazione elimina18, come opportunamente ricordato da Grillo. Ma è stato giusto sollevare il punto. Difesa della legalità costituzionale ed affermazione dei diritti dei lavoratori vanno di pari passo e sono l’unica ricetta valida per salvare l’Italia, sottraendola a famelici speculatori che vogliono trasformarci tutti in schiavi decerebrati.