La crisi vale anche per i falsi: i prezzi dei prodotti contraffatti in cinque anni sono scesi del 18 per cento. Lo sostiene il Censis in uno studio realizzato con il ministero dello Sviluppo economico che ha rilevato un calo del fatturato rispetto al 2010 per tutti i settori del falso, ad eccezione dei medicinali. Una flessione che non è però da attribuire a una riduzione dell’attività illegale o degli acquisti, ma proprio al calo del prezzo medio dei prodotti che in cinque anni è sceso da 13 euro a 10,7 a causa della minor capacità di spesa degli italiani.
Resta fermo il fatto che il settore ha un peso sempre importante sull’economia del Paese. “L’impatto della contraffazione sull’economia nazionale è pesantissimo”, sottolinea la ricerca. Secondo lo studio, che si basa su dati del 2012, il mercato delle merci false in Italia genera un fatturato di 6,5 miliardi di euro l’anno, con un mancato introito fiscale di 5,3 miliardi. I settori più colpiti sono l’abbigliamento, cd, software e alimentari. Se questi prodotti fossero realizzati legalmente creerebbero 17,7 miliardi di produzione aggiuntiva e 6,4 di valore aggiunto, dando lavoro a 105mila persone. Nel dettaglio l’abbigliamento e gli accessori sono i più colpiti (2,243 miliardi di euro, il 34,3% dell’intero valore), segue il comparto cd, dvd e software (1,786 miliardi, il 27,3% del totale) e infine prodotti alimentari (poco più di un miliardo di euro, pari al 15,8% del totale).
Secondo l’indagine, poi, il 46% dei soggetti economici interpellati (camere di commercio, associazioni imprenditoriali e di categoria) dichiara che l’acquisto di merce falsa è un’abitudine in crescita tra i consumatori, in particolare con riferimento all’abbigliamento, e per un ulteriore 32% il fenomeno è stabile. Il 46% afferma poi che sul proprio territorio viene prodotta merce falsa. La contraffazione trova un contesto più favorevole nei territori caratterizzati da un’elevata presenza di attività illegali ai danni delle imprese: il 60% dei soggetti lamenta la presenza di imprese irregolari nella propria area, il 52% denuncia fenomeni di sfruttamento del lavoro e il 51% di immigrazione clandestina.
Addirittura il 21% segnala la presenza di imprese gestite direttamente dalla criminalità organizzata (e la percentuale sale al 43% al sud). Secondo il 66% degli intervistati, poi, non è sufficiente il livello di conoscenza da parte delle aziende in merito agli strumenti da utilizzare per la tutela della proprietà industriale, anche se il 61% dichiara che negli ultimi anni si sono svolte sul territorio iniziative di formazione e di sensibilizzazione.