Le euro-sfide contro Manchester City e Atletico Madrid porteranno al big match di domenica a Torino: finora Allegri e Garcia non hanno sbagliato nulla, ma questi sette giorni segneranno la stagione
Già distanziati il Napoli di Benitez e la Milano imbevibile di Inzaghi e Mazzarri, nonostante quest’ultima sia stata adeguatamente pompata dai media, si ritorna al passato più recente, allo scorso anno. In sole due ore, lunedì sono state spazzate via le ultime centinaia di biglietti disponibili: domenica 5 ottobre allo Juventus Stadium di Torino, alle ore 18, ci sarà tutto esaurito, Juventus e Roma giocheranno la prima delle due finali del loro personale campionato, la prima sfida di un gioco già diventato a due. A punteggio pieno dopo cinque giornate, hanno sette punti di vantaggio sulle milanesi, otto sul Napoli, nove su Lazio e Fiorentina. Le sette sorelle sono già un ricordo, ne restano due.
Juventus e Roma sono per il calcio italiano Armand D’Hubert e Gabriel Feraud, eterni duellanti del racconto di Joseph Conrad portato sullo schermo da Ridley Scott. Il campionato di Serie A è già diventato una questione privata. La settimana della verità passerà inevitabilmente attraverso la Champions League. Lo scorso anno la Juve ne uscì presto, la Roma non la giocava. Quest’anno entrambe hanno cominciato bene nell’impegno più facile, in casa contro la più debole del girone: bianconeri vittoriosi con il Malmoe, giallorossi che strapazzano il Cska Mosca. Nella settimana della verità però gli avversari cambiano, e diverse sono le energie fisiche e nervose che da spendere, di fronte due trasferte al cospetto dei reali di Spagna, l’Atletico di Simeone, e d’Inghilterra, il Manchester City di Aguero, Silva e Touré. Squadre che l’anno scorso hanno vinto campionati che guardano dall’alto al basso la derelitta Serie A.
Non è necessario vincere, anche se aiuta sempre, è importante non distrarsi, non sprecare troppe energie, non rimanere invischiati nel loop europeo. Anche se siamo solo alla sesta giornata, domenica si gioca mezza stagione: lunedì i contraccolpi di un’eventuale sconfitta saranno pesanti, le ferite dure da leccare. Perché per adesso sia la Juventus sia la Roma non hanno sbagliato nulla. In fase di costruzione, leggi mercato, hanno apportato le modifiche necessarie a migliorarsi. A Torino Paratici e Marotta hanno preso Evra, il terzino sinistro che mancava, aggiunto Romulo e due giovani attaccanti come Coman e Morata, ma soprattutto sono riusciti a trattenere Vidal e Pogba. A Roma Sabatini ha fatto grandi spese: dentro i greci Manolas e Holebas, i giovani Ucan e Iturbe (l’acquisto più oneroso della Roma americana), i vecchi Keita e Cole, e per un Benatia che è partito dentro Astori e Mbiwa. Ingredienti che sono stati poi offerti a due chef che hanno saputo farli rendere al massimo.
Da una parte Allegri, arrivato tra mille polemiche e diffusa diffidenza a sostituire Conte: l’uomo dei record, l’allenatore dei 102 punti. “Meno verticalizzazioni e più palleggio”, sintetizzava qualche giorno fa la svolta tattica Bonucci. Differenti anche i carichi di lavoro, l’approccio alle partite, la posizione di Tevez: più indietro, atipico trequartista libero di inserirsi alle spalle della punta, la più evidente variazione sul tema concessa al rigido 5-3-2 contiano. Dall’altra Garcia, il sergente al comando per il secondo anno consecutivo, anche lui arrivato tra lo scetticismo generale ha portato a Roma, squadra e città, quella convinzione nei propri mezzi che era sempre mancata. Se l’impianto di gioco è il medesimo, un falso 4-3-3 dove il centrocampista centrale arretra tra i difensori e il centravanti tra i centrocampisti, la squadra al secondo anno l’ha assimilato al meglio.
La settimana della verità è lunga ben più di sette giorni, come tutte le settimane del calcio. Analisi, pronostici, dichiarazioni, prese di posizione, la sfida a distanza in Champions, tutto si dissolverà domenica 5 ottobre allo Juventus Stadium, alle ore 20, quando l’arbitro decreterà la fine della partita. Lo scorso anno è stato proprio dopo lo scontro diretto vinto 3-0 a Torino a gennaio, a venti partite dalla fine, che la Juventus ha messo le mani sullo scudetto. Domenica sera alle ore 20 di partite ne mancheranno ancora trentadue, troppo presto per mettere le mani sullo scudetto, in tempo per infliggere all’avversario la prima sconfitta in campionato, la più dolorosa, con in palio i famosi sei punti degli scontri diretti. In tempo per indirizzare la stagione fino alla partita di ritorno di questo campionato a due squadre, di questo eterno duello.