I ragazzi, quasi tutti indios, stavano protestando contro la riforma dell'istruzione. Secondo il procuratore generale potrebbero essere "sparizioni forzate", ovvero rapimenti fatti dalle forze di sicurezza. Arrestati i 22 agenti che hanno aperto il fuoco sulla folla
Protestavano contro contro la riforma dell’istruzione e quelle che ritengono misure discriminatorie in favore degli istituti delle città. Ma la polizia ha sparato sugli studenti della scuola rurale di Ayotzinapa che manifestavano nella città di Iguala, nello stato meridionale di Guerrero. Una zona del Paese nota per i disordini sociali e per essere roccaforte dei cartelli della droga. Il risultato: 6 morti e 45 giovani scomparsi. All’inizio erano 58, ma il comitato studentesco della scuola ha riferito che almeno 13 di loro “sono stati ritrovati sani a salvi”.
Il procuratore generale di Iguala Inaky Blanco Cabrera, che ha ordinato l’arresto dei 22 agenti che hanno sparato agli studenti, insieme ai magistrati indaga sul ruolo degli agenti della polizia nella vicenda. Cabrera ha spiegato che una delle piste dell’inchiesta riguarda quelle che vengono definite “sparizioni forzate“, ovvero rapimenti da parte delle forze di sicurezza. “Gli studenti potrebbero essersi rifugiati nella foresta temendo di essere ancora in pericolo – dice il procuratore – oppure potrebbero essere stati rapiti dal commando armato che ha aperto il fuoco contro i loro compagni”. Un commando “che sarebbe composto da sicari dei narcos“.
La manifestazione – Venerdì 26 settembre un gruppo di studenti della Scuola magistrale ‘Raul Isidro Burgos‘ di Ayotzinapa, in maggioranza indigeni, era arrivato a Iguala per celebrare il 46esimo anniversario del massacro di Tlatelolco del 2 ottobre 1968, quando oltre 300 giovani vennero uccisi dai reparti speciali dell’esercito e della polizia a pochi giorni dalla cerimonia d’inaugurazione delle Olimpiadi di Città del Messico. Gli studenti hanno raccontato che alcuni uomini armati, spalleggiati da una ventina di agenti della polizia municipale, li hanno affrontati sostenendo che avevano rubato i veicoli su cui viaggiavano. In pochi minuti, la discussione è degenerata e gli agenti hanno aperto il fuoco contro gli studenti, che si sono messi a correre terrorizzati per le vie della città.
Alcune ore più tardi, un commando armato ha aperto il fuoco contro alcuni studenti che si erano fermati a riferire l’episodio ad alcuni giornalisti locali. Mentre un altro gruppo armato ha sparato con fucili mitragliatori contro un pullman su cui viaggiava una squadra di calcio di terza divisione, Los Avispones di Chilpancingo. Il bilancio finale degli assalti è stato di sei morti: due studenti, due giovani calciatori, un tassista passato per caso sulla linea di fuoco e la sua passeggera. Altre 25 persone risultano ferite e 58 studenti sono scomparsi, secondo quanto hanno denunciato i loro compagni di Ayotzinapa.
Solo due giorni dopo la scomparsa, le autorità dello Stato di Guerrero hanno cominciato le ricerche degli studenti scomparsi. E lunedì 29 settembre il governo federale ha inviato l’esercito ed ha autorizzato l’uso di elicotteri. Soldati e polizia dello Stato si sono uniti nelle ricerche, che si sono estese anche agli ospedali e agli obitori. Controllata, senza esito, anche una caserma dell’esercito, dove si pensava che gli studenti avessero cercato rifugio.
La decisione dell’arresto degli agenti, secondo quanto riferito dalla stampa locale, è stata contestata dai familiari degli agenti che, spalleggiati da un gruppo armato, hanno anche tentato di attaccare la caserma di Acapulco dove sono rinchiusi i loro congiunti per liberarli. Lo stato di Guerrero ha una lunga storia di violenza politica, che in diverse occasioni ha visto tra le vittime anche insegnanti e studenti, ed è teatro di sanguinose lotte tra i cartelli dei narcos di Sinaloa, della famiglia Michoacana e dei Beltran Leyva per il controllo delle coltivazioni di papavero da oppio e di marijuana.