La Aarhus University ha sviluppato uno strumento dotato di nanosensori in grado di riprodurre l’interazione tra le proteine della saliva umana e le molecole organiche contenute nel calice
Gesti lenti e solenni, competenze accumulate con lo studio e l’esperienza e la capacità di cogliere anche le più lievi sfumature di ogni calice. Quella del sommelier è un’arte variegata e che per alcuni versi appare oscura ai profani.
Ma i più esperti degustatori umani potrebbero presto avere un imprevisto concorrente in un macchinario ad alta tecnologia recentemente sviluppato alla Aarhus University in Danimarca, con una ricerca che ha trovato spazio anche sulle riviste scientifiche. Si tratta di uno strumento (una sorta di “lingua artificiale”) in grado, grazie a una serie di nanosensori, di determinare l’astringenza di un vino e di stabilire in che modo i tannini in esso contenuti influenzeranno i sensi di colui che sta bevendo. Così si ricreerebbe l’interazione che avviene naturalmente tra le proteine contenute nella saliva umana e il vino.
«Le diverse sensazioni nascono dall’interazione tra piccole molecole organiche nel vino e le proteine in bocca – ha spiegato Joanna Guerreiro, una delle ricercatrici coinvolte nel progetto – essa consente alle proteine di cambiare la loro struttura e raggrupparsi». Un meccanismo che viene riprodotto dallo strumento della Aarhus University: «Finora l’attenzione si era concentrata sull’aggregazione, che si svolge in una fase avanzata del processo complessivo. Con il sensore, invece, abbiamo sviluppato un metodo più sensibile che imita il legame e il cambiamento nella struttura delle proteine, cioè la prima parte del meccanismo».
Chiaramente la strada che da questi dati scientifici porta all’ipotesi realistica di sostituzione di esperti sommelier con dei “robot-degustatori” appare lunga e tutt’altro che certa. Da una parte, i ricercatori danesi sottolineano come a favore del loro macchinario c’è la possibilità di ottenere una valutazione imparziale, libera da qualsiasi tipo di pregiudizio umano non legato alla composizione del vino. Dall’altra, però, un giudizio che appare sicuramente rigoroso rischia di diventare eccessivamente “asettico”; in primo luogo perché prescinderebbe da altri parametri importanti, come il percorso e la storia che hanno portato al bicchiere di vino che si sta giudicando, dalle materie prime alle caratteristiche del produttore. Ma soprattutto, potrà mai una macchina esprimere in maniera credibile quelle sensazioni prettamente umane che, al di là dei processi chimici, vengono regalate dall’assaporare un calice di qualità e che rendono il vino quello che è e che deve restare, cioè innanzitutto un piacere che rende migliore la vita?