Lo scorso giugno a Copenaghen si è tenuto un incontro nell’ambito di un convegno internazionale in cui i ricercatori del sud Europa hanno discusso con alcuni policy makers europei: il punto centrale della discussione è stato la constatazione che i paesi del sud dell’Europa stanno compromettendo il futuro d’intere generazioni di giovani ricercatori e con loro anche la possibilità, a medio termine, di uscire dalla crisi economica e di avere dunque la possibilità di rimanere paesi tecnologicamente avanzati.
Bisogna ricordare sempre che il modello tedesco, cui spesso si fa riferimento per quel che riguarda la flessibilità del lavoro, si differenzia da quello italiano per la spesa in ricerca in sviluppo. Se le imprese tedesche spendono quasi il triplo (1,9% del Pil) di quelle italiane (0,7 % del Pil), anche la spesa pubblica tedesca in ricerca e istruzione è circa il doppio di quella italiana: come potremmo mai competere?
Dall’incontro di Copenaghen è nata una discussione più ampia, cui si sono uniti anche alcuni ricercatori francesi e di altri paesi che riscontrano situazioni simili a quelle italiane: un ritardo tecnologico, nella ricerca e nell’innovazione che sta diventando incolmabile. I ricercatori francesi in particolare hanno organizzato per il 18 ottobre una marcia in bicicletta dalla provincia a Parigi per portare all’attenzione dell’opinione pubblica del loro paese il pericolante stato della ricerca e dell’università e nel contempo per sollevare un tema fondamentale: senza ricerca e innovazione non si esce dalla crisi. Questa iniziativa ha già attirato l’attenzione delle prestigiose riviste scientifiche Nature e Science.
In Italia si stanno programmando vari eventi che saranno via via pubblicizzati sul sito www.perlascienzaperlacultura.eu, che a partire dalla Notte Europea dei ricercatori del 26 settembre continueranno in tutti i maggiori atenei e enti di ricerca del paese e si concluderanno in una manifestazione a piazza del Pantheon a Roma il 18 ottobre. Si tratta di incontri volti innanzitutto a fornire il quadro di una situazione che si è avviata verso un punto di non ritorno: ma le tendenze negative degli ultimi sette anni potrebbero ancora essere fermate e addirittura invertite, ma questo richiederà una maggiore consapevolezza dell’importanza di un sistema universitario efficiente per lo sviluppo economico e sociale del paese da parte sia dei leader politici sia dell’opinione pubblica.
E’ necessario dunque mettere questo tema al centro del dibattito pubblico e delle agende dei governi nazionali e della Commissione Europea stessa e perché questo accada, è necessaria una pressione finora inattuata: una grande mobilitazione dei ricercatori, dei docenti degli studenti e di tutti coloro che sono convinti che la ricerca, l’innovazione, la scienza e la cultura giochino il ruolo chiave per lo sviluppo economico.