L'ex paparazzo è depresso e dimagrito. Bocedi, vittima dei boss che denunciò gli usurai, chiede di incontrare il fotografo condannato a nove anni di carcere per estorsione aggravata. "Abbiamo scritto una richiesta di grazia a Napolitano. Togliere l'aggravante è decisivo, almeno abbia i domiciliari"
Fabrizio Corona, ex re dei paparazzi, condannato per estorsione aggravata e altri reati a nove anni di carcere. E Paolo Bocedi presidente dell’associazione antiracket Sos Italia Libera. Il primo accusato di aver incassato con minacce 25 mila euro dal calciatore David Trezeguet per ritirare alcune foto compromettenti. Il secondo, da vittima dei boss a grande accusatore di clan e usurai. Basta poco per annullare le differenze. Bastano le parole con le quali Bocedi chiede a gran voce i domiciliari per Corona. Beneficio, a oggi, impossibile vista che l’aggravante applicata dai giudici di appello di Milano. Per i primi cinque anni Corona non può accedere a sconti di pena né a misure alternative come i domiciliari. Resta dunque recluso nel carcere di massima sicurezza di Opera accanto ai mafiosi al 41 bis.
Lui non lo è, “ma è come se lo fosse” dice Bocedi. E il motivo è presto detto. “Da oltre un mese – racconta il presidente di Sos Italia Libera –ho fatto richiesta per incontrare Corona e non ho ancora ricevuto risposta né dal direttore del carcere né dal tribunale di Sorveglianza, è scandaloso”. E se lo dice uno dei più strenui nemici delle organizzazioni criminali, verrebbe da crederci. Tanto più che Giampaolo Cicconi, avvocato di Bocedi, spiega che “nemmeno i detenuti al 41 bis attendono tanto per una risposta sui colloqui, di norma passano dieci giorni”. Rincara Bocedi: “C’è un sacco di gente che ha ucciso e oggi è libera, Corona ha certamente sbagliato, ma non ha ammazzato nessuno”.
Il rapporto tra Corona e Bocedi inizia ad agosto, quando Marco Travaglio in un editoriale sul Fatto Quotidiano chiede la grazia per Corona. Bocedi in un’intervista a Il Giorno chiede esplicitamente i domiciliari. Da qui il contatto con i familiari. Corona vuol vedere Bocedi. Lui gli scrive la sua storia in una lettera. Nel 1989 Bocedi, imprenditore di Saronno con barca sul lago e due cavalli, finisce sotto scacco da parte degli usurai. Chiedono 100 milioni. Bocedi denuncia e li fa arrestare. Nel ’92 scampa a un attentato a colpi di lupara. Quindi inizia l’avventura con l’associazione. Corona legge, si commuove e risponde. Siamo a metà agosto. Il 22 Bocedi invia la richiesta. Inizia la trafila, a oggi senza esito. “Io – dice Bocedi – mi occupo di mandare in galera estorsori, mafiosi e anche uomini dello Stato come accaduto con l’ex prefetto Carlo Ferrigno e la condanna a Corona è ingiusta, tanto più che le minacce sono state smentite”. Ed è vero. Il 3 settembre, infatti, Trezeguet su La 7 dice: “Non mi sono mai sentito minacciato da Corona”. Né da lui, né dal suo autista, entrambi presenti all’appuntamento per concordare il ritiro delle fotografie che ritraevano il campione sposato con una ragazza.
Per i giudici d’appello, invece, la presenza dell’autista dimostra la minaccia. Da qui l’aggravante. “Gente armata con il kalashnikov è una minaccia, – s’arrabbia Bocedi – non Corona e il suo autista”. E del resto al di là della condanna a nove anni, il macigno è l’aggravante per l’estorsione. “E pensare – ragiona l’avvocato Cicconi –che il gip lo aveva prosciolto, poi la Cassazione ha disposto il giudizio che in primo grado si è concluso a tre anni senza l’aggravante”, applicata in appello. Tolta questa, spiega Cicconi, “Corona potrebbe andare subito ai domiciliari”. “Io chiedo solo di incontrarlo per capire come sta –ribadisce Bocedi –. Abbiamo scritto una richiesta di grazia per il presidente della Repubblica. Va bene anche una grazia parziale, togliere l’aggravante è decisivo”. In attesa Corona resta a Opera: depresso e dimagrito di dieci chili.
Da Il fatto quotidiano del 30 settembre 2014