Il giudice Thomas P. Griesa, del Tribunale Federale di Manhattan (New York) sta perdendo la pazienza: se il governo Argentino non si decide a rispettare subito il suo ordine di rimborsare integralmente quei creditori di obbligazioni “Argentina” emesse attorno all’anno 2000 ci saranno severe ripercussioni. Infatti potrebbe anche imporre pesanti sanzioni pecuniarie per ogni giorno di ritardo dal mancato rispetto della sua ordinanza.
I giudici federali americani sono abituati ad essere obbediti senza discussioni. Loro seguono puntigliosamente tutta la procedura e le regole imposte dalla legge, ma poi, quando la sentenza viene emessa, la sentenza deve essere eseguita … cascasse il mondo! Invece gli argentini pretendono di fare a modo loro e continuano a ignorare quell’ordine, o meglio, a considerarlo una “persecuzione giudiziaria”. A livello governativo però, più che ignorarlo, cercano di “aggirarlo”, ovvero, dato che Griesa aveva stabilito due mesi fa che l’Argentina non può pagare gli interessi maturati sui titoli rinegoziati se non paga anche gli altri, loro hanno provveduto a far approvare dal Parlamento argentino una nuova condizione che cambia la territorialità di quel debito, spostandola dagli Usa all’Argentina e “swappando” così la banca incaricata dei pagamenti dalla “Bank of New York Mellon” all’argentino “Banco de la Nacion”, avviando contemporaneamente anche una istanza legale presso la “International Court of Justice” per denunciare la violazione della propria sovranita’ nazionale da parte di Griesa e della giustizia americana.
Il popolo argentino invece è più diretto, e anche ogni apparenza di rispetto formale è messa da parte: nelle pareti dei palazzi delle principali città argentine fanno bella mostra numerosi graffiti raffiguranti avvoltoi dietro le sbarre (vedasi foto) col volto del giudice Griesa o di Paul Singer (il titolare del principale hedge fund che, rifiutandosi di aderire all’offerta di rinegoziazione nel 2002, ha fatto partire questa lunga disputa legale).
Certo però che, va bene che la giustizia è cieca, ma in questo caso il povero giudice Griesa deve anche essere completamente privo di olfatto per non sentire l’effettivo sgradevole puzzo di carogna che emana da quella preda che quegli hedge funds reclamano. Loro non erano nemmeno gli originari acquirenti di quelle obbligazioni, le hanno rastrellate sul mercato a prezzi molto più bassi del loro valore nominale nel momento di panico del default argentino, e ora pretendono addirittura di essere pagati integralmente anche sugli interessi? Qualcuno commenta questa pretesa come legittima. Dice: “se uno ottiene un prestito e si impegna a rimborsarlo a determinate condizioni, quelle condizioni deve rispettarle”.
Giusto. Fin che può però, dato che nessuno (a parte certi strozzini) può pretendere che un soggetto si impicchi allo scopo di pagare un debito.
Infatti esistono in tutte le giurisdizioni del mondo procedure dette di rinegoziazione del debito, dove le due parti trovano una intesa per uscire in qualche modo entrambe soddisfatte da una situazione che avrebbe potuto sfociare in completa insolvenza e fallimento, con danno grave per entrambe le parti.
Ed esistono le procedure di fallimento, dove un giudice fallimentare si prende cura di liquidare tutti i beni del soggetto insolvente per pagare i creditori. Nell’ipotesi estrema, quando il giudice non trova niente di valore da liquidare, il fallimento si chiude con il creditore che rimane con un pugno di “mosche” (succede più spesso di quel che si creda).
Ma non è mai successo il fallimento di uno Stato sovrano. Quale giudice può andare a “liquidare” gli “assets” di una nazione? In questi casi si arriva sempre ad una rinegoziazione o alla cancellazione volontaria del debito da parte dei creditori. Quindi, tecnicamente e giuridicamente, non si può parlare di “fallimento” dell’Argentina, ma solo di parziale insolvenza e debito rinegoziato.
L’America è l’America, ma la giustizia è la giustizia. Perché allora il giudice Griesa non ha fatto come tutti gli altri giudici prima di lui e non ha imposto agli hedge funds, di rinegoziare il credito come già ha fatto la stragrande maggioranza dei creditori?
L’Argentina (essendo soggetto debitore) non poteva imporre la rinegoziazione, ma il giudice Griesa poteva. E perché non l’ha fatto? La rinegoziazione del debito, nel caso dell’Argentina, era la cosa più logica e più giusta da fare. Perché lui ha preferito tutelare una orrenda speculazione invece che sostenere la volontà di un popolo di rimettersi in piedi dopo gli errori del passato?
In questi giorni sta tornando all’onore delle cronache il fallimento della banca Lehman Brothers nel settembre 2008. Qualcuno sostiene che se il governo americano e la banca centrale avessero voluto, avrebbero potuto, con un forte prestito, come hanno fatto con le altre grandi banche, salvare anche Lehman. Ritorneremo su questa storia, intanto registriamo però che i creditori di Lehman Brothers, investitori e risparmiatori ordinari, hanno ottenuto nei casi migliori dal liquidatore un importo pari al 25-30% del loro credito (dopo anni).
Perché Griesa vuole regalare a degli speculatori puri quasi il 300% del loro investimento?
Lui poteva, con qualche motivazione, forzare gli hedge funds a rinegoziare anche loro, oppure poteva ordinare al governo argentino il rimborso integrale dell’importo speso dagli hedge funds per l’acquisto di quei titoli (molto meno della metà di quello che chiedono). Invece ha scelto di schierarsi totalmente in difesa della peggiore speculazione finanziaria presente nel mercato. Perché?
Si sa che Argentina e Venezuela, con le loro politiche socialisteggianti, sono una fastidiosa spina nel fianco degli ultraliberisti legati alla parte più deteriore di Wall Street.
Vista dal basso la sua sentenza sembra quasi aver piu’ a che fare con la politica internazionale che con la finanza internazionale.
Roberto Marchesi
Dallas, Texas