L’accordo fra azienda e organizzazioni sindacali mette in sicurezza per un anno buona parte degli stipendi di 765 lavoratori. Per integrare il sussidio fornito dalla cassa integrazione saranno selezionati dal Comune per lavori di pubblica utilità
Il lieto fine è arrivato giusto in tempo, sette ore prima della scadenza dei contratti di solidarietà di 1450 lavoratori (sui 1.750 in organico) dell’Ilva di Genova-Cornigliano. L’accordo fra azienda e organizzazioni sindacali, benedetto dal presidente della regione, Claudio Burlando, e dal sindaco della città, Marco Doria, mette in sicurezza per un anno buona parte del reddito di 765 lavoratori, ammessi a rotazione alla cassa integrazione in deroga – in alternanza con la cassa integrazione straordinaria e al lavoro a carico dell’azienda. Con una postilla: coloro che lo vorranno saranno destinati a lavori di pubblica utilità sul territorio del comune di Genova, intascando una “fetta” ulteriore di reddito che porterà gli emolumenti fino al 78% di uno stipendio di sesto livello. In sostanza, fino a un massimo di 2.322 euro lordi (contributi esclusi) che equivalgono a 1.600-1.700 euro netti al mese.
Il costo totale dell’intervento, che durerà fino al 30 settembre 2015, stimato in circa sette milioni di euro, sarà interamente sostenuto dal la Società per Cornigliano, insediata dall’Accordo di Programma del 2005 che chiudeva l’area a caldo. I fondi saranno prelevati dai finanziamenti statali erogati per realizzare la bonifica dell’area, che è ancora lontana dall’essere stata completata. Lunedì prossimo il primo scaglione di lavoratori comincerà a lavorare per il comune di Genova. Saranno impiegati – per 30 ore settimanali – in una serie di interventi che riguardano la manutenzione di parchi pubblici e giardini, dei cimiteri e la riparazione di strade. Le selezioni sono iniziate mercoledì mattina, all’indomani della firma dell’accordo, e proseguono giovedì e venerdì.
Non proprio l’uovo di Colombo, ma un’utile escamotage per integrare il sussidio fornito dalla cassa integrazione, sperando che un intervento legislativo consenta di prolungare alla scadenza, tra un anno esatto, la cassa in deroga. I lavori socialmente utili – del genere di quelli ai quali vengono talvolta assegnati i detenuti in regime di semilibertà – non sono in effetti una novità assoluta per l’Ilva e per Genova. Lo ricorda Bruno Manganaro, segretario generale genovese della Fiom-Cgil, che dice a ilfattoquotidiano.it: “In coda all’Accordo di Programma siglato nel 2005, con il quale venne chiusa l’area a caldo dello stabilimento di Cornigliano, venne concluso col Comune di Genova un patto che riguardò 550 lavoratori sui 2.200 in forza all’epoca. Costoro furono assegnati a lavori socialmente utili, svolti nel territorio comunale del capoluogo e in numerosi comuni limitrofi, ricompresi nella provincia. Il costo di quell’intervento, 5 milioni di euro l’anno per cinque anni (novembre 2005-settembre 2010), fu sostenuto dallo Stato. Del resto l’Accordo di Programma era stato sottoscritto dal governo Berlusconi con l’intervento di ben sei ministeri diversi”.
Manganaro non esclude che il modello Genova possa essere esteso ad altre realtà della siderurgia nazionale, a cominciare ovviamente da Taranto. “Naturalmente i numeri di Taranto sono ben diversi dai nostri, parliamo di migliaia di lavoratori che sarebbero impiegati in lavori socialmente utili. Anche se Taranto non è New York immagino che laggiù non sarebbe difficile mettere a punto un programma di interventi sul territorio come ha fatto il comune di Genova. Il vero problema, semmai, sarebbero i finanziamenti. Ci sarebbero i soldi per finanziare quegli eventuali interventi?”.
Tornando a Genova, la soluzione del caso Ilva ha fatto tirare un sospiro di sollievo generale. I lavoratori rimasti in bilico fino all’ultimo giorno, in caso di fallimento della trattativa avevano preannunciato forme forti di protesta, compresa una contestazione plateale al ministro Lupi, intervenuto mercoledì mattina all’inaugurazione del 54esimo Salone Nautico. Percolo scampato. Il primo a rallegrarsene, martedì sera, era stato il governatore ligure Claudio Burlando che aveva commentato: “Naturalmente non è che finisca la vicenda: ho riproposto con forza, e non solo per Ilva a Palazzo Chigi, il tema amianto, che è una discriminazione che non possiamo accettare per Genova e per la Liguria. Oltre al governo ho sentito anche il Commissario perché ora, passata questa fase così complicata, dobbiamo capire a regime di chi sarà l’azienda, che cosa farà, quanta gente occuperà e potremo farlo in una situazione di tranquillità per le famiglie dei lavoratori che avranno gli ammortizzatori sociali e anche la possibilità di integrare il reddito”.
Burlando ha spiegato al sottosegretario Delrio che l’inchiesta della magistratura genovese su presunte truffe all’Inail (1500 avvisi di garanzia) per false pensioni all’amianto ha bloccato il pensionamento di quasi un centinaio di lavoratori dell’Ilva e altre decine in diverse realtà produttive. Lo stabilimento Ilva di Cornigliano conta su 1740 lavoratori ma i guai dell’Ilva di Taranto, che lavora a scartamento ridotto, ha costretto a contrarre le lavorazioni dei coils prodotti in Puglia. “L’altro elemento – spiega Manganaro – è che si era abbandonata la banda stagnata che ha ancora mercato. La crisi mondiale dell’acciaio ha completato il quadro”.
Lo stabilimento genovese piace al colosso ArcelorMittal, già presente in Italia, e il gruppo Jindal Steel, entrambi indiani, che hanno avuto colloqui col ministro Guidi e col commissario straordinario per l’Ilva, Piero Gnudi. La presentazione delle offerte di acquisto sarebbe imminente. Su questo fronte il sindacato va cauto: “Landini ha spiegato che sarebbe opportuno nazionalizzare l’Ilva, risanarla ed eventualmente metterla in vendita in seguito. Con garanzie rispetto ai livelli occupazionali. Se si procedesse alla vendita immediata agli indiani – dice Manganaro – potrebbero sorgere problemi anche di tipo legale. La famiglia Riva infatti detiene tuttora una quota del capitale e potrebbe opporsi alla vendita. Creando un ulteriore elemento di confusione”.
Per il direttore risorse umane area Nord (che comprende oltre Genova, anche Novi Ligure e le società controllate) di Ilva, Luca Trevisan, “è sicuramente un accordo positivo che dà all’azienda il respiro necessario per poter effettuare gli investimenti, previsti e annunciati, necessari su Genova: rilancio della banda stagnata, attivazione di una linea di taglio, potenziamento della zincatura”. All’agenzia Agi, Trevisan ha citato “gli sforzi dell’azienda con gli stessi enti locali per l’individuazione di eventuali aree di Cornigliano da poter cedere a terzi imprenditori intenzionati a dare occupazione. Ci sono aree che potrebbero essere d’interesse di altre imprese veicolate da enti locali e intenzionate a impiantare attività produttive”. Gli impianti Ilva sono infatti su un’area in concessione, e l’azienda potrebbe anche retrocedere da parte di essa, “ma a patto che chi subentra in quelle superfici si faccia carico dell’occupazione del maggior numero possibile di lavoratori. Ci interessa che vengano attività che diano parecchi posti di lavoro, noi siamo un’azienda labour-intensive e vorremmo che su eventuali aree cedute ce ne siano altrettante per i nostri lavoratori che sono in cassa in deroga”.