Raccontare lo spazio visto dalla Terra. Questo l’intento di una mostra dal titolo “Meteoriti, quando lo spazio comunica” che sarà visitabile fino al 2 novembre a Roma al Palazzo delle Esposizioni. “La mostra si basa sulla straordinaria collezione di meteoriti del Museo di mineralogia dell’Università La Sapienza, una delle raccolte più importanti del mondo – spiega Giorgio Manzi, direttore del polo museale dell’ateneo romano, che comprende 22 musei -. Attraverso numerosi oggetti, come un meteorite d’acciaio pesante quanto quattro lavatrici, rinvenuto in Somalia nel 1921, o una pioggia di corpi originati dall’impatto di un unico meteorite con l’atmosfera, offre un panorama completo su questi oggetti cosmici e la loro importanza per ottenere informazioni sull’universo e sul nostro stesso Pianeta. Un percorso scientifico, ma anche di bellezza”. 

La bellezza dei corpi celesti che accendono il cielo e moltiplicano i desideri, ci ricorda anche, meno romanticamente, che la Terra nel suo peregrinare nella Via Lattea può incrociare traiettorie a rischio. A sottolineare come i cieli possano anche essere tutt’altro che amichevoli una recente pubblicazione, intitolata “La minaccia asteroide: difendere il nostro Pianeta dai mortali Near-earth objects (Neos)”, oggetti cosmici tanto ravvicinati da costituire un pericolo. Curata da William E. Burrows, della New York University e membro del National research council (Nrc) Usa, denuncia il rischio fallimento per il progetto di monitoraggio della Nasa a causa della cronica assenza di fondi, “Insufficienti per tenere sotto controllo la maggioranza dei Neos che possono rappresentare una tangibile minaccia per l’umanità”. “Da quando, nel 2010, il Nrc ha pubblicato il suo rapporto – fa notare Burrows -, l’incremento del budget destinato a questo tipo di ricerche è stato pari a zero”. 

Eppure la minaccia è concreta. È già successo in passato: lo testimonia un recente studio di Nature, che descrive come la Terra primordiale sia stata letteralmente plasmata da una pioggia incessante di asteroidi, con impatti 10mila volte più violenti di quello che 65 milioni di anni fa ha contribuito all’estinzione dei dinosauri. E potrebbe ancora accadere, come dimostra l’asteroide di 7mila tonnellate che nel febbraio dello scorso anno ha illuminato i cieli della regione russa di Chelyabinsk, negli Urali, creando un’onda d’urto che ha ferito 1440 persone e danneggiato più di 7200 abitazioni. Il tutto nello stupore generale. Nessun sistema di allerta aveva, infatti, intercettato questo oggetto cosmico, sconosciuto agli scienziati prima di accendersi nell’atmosfera terrestre.  

La Nasa ha già mappato più di 11mila Neos, 800 dei quali con un diametro superiore a un chilometro. All’incirca 1500 sono stati classificati come “Potenzialmente pericolosi”. Finora, a guardare le spalle alla Terra ci ha pensato Giove, che come un’aspirapolvere cosmico, grazie al suo abbraccio gravitazionale, attira a sé la gran parte degli ospiti indesiderati che si avventurano all’interno del Sistema solare, soprattutto quelli di dimensioni maggiori. Lo ha fatto venti anni fa, in modo spettacolare, con la cometa Shoemaker-Levy 9, facendola a pezzi. Per avere un’idea delle conseguenze di queste collisioni, basti pensare che ognuno dei frammenti della cometa, allineati come una collana di perle mentre precipitavano sul gigante gassoso, ha creato su Giove una superficie d’impatto superiore alle dimensioni stesse della Terra. 

Ma Giove da solo non basta. Molti oggetti celesti, per esempio le decina di migliaia di asteroidi più piccoli di 140 metri, come quello piovuto in Russia, del diametro di 20 metri, spesso sfuggono al controllo del sistema di sorveglianza terrestre. E alcuni di essi, i più grandi, potrebbero trovare nuovi alleati. Secondo un recente studio della Harvard University, firmato dai fisici teorici Lisa Randall e Matthew Reece e pubblicato sulle “Physical Review Letters”, l’inafferrabile materia oscura, che permea un quarto del cosmo e si concentra soprattutto all’interno delle galassie, compresa la Via Lattea, potrebbe deviare la traiettoria delle comete, scagliandole in rotta di collisione con la Terra.  

Per imparare a conoscere da vicino questi corpi celesti prima che sia troppo tardi, la Nasa, nonostante i problemi di budget, progetta per il 2020, con la missione “Asteroid redirect mission (Arm)” (qui una ricostruzione video della missione), di catturarne uno con una sorta di borsa gonfiabile, e parcheggiarlo sull’orbita lunare, per poterlo analizzare in dettaglio e prelevarne campioni da riportare sulla Terra. Nelle intenzioni dell’Agenzia spaziale Usa, la missione servirà anche a testare capacità e tecnologie necessarie per una futura esplorazione umana di Marte. “Sarà la prima volta che l’umanità interferirà attivamente con un’entità spaziale”, afferma Robert Braun, ingegnere aerospaziale presso il Georgia Institute of Technology, con un passato alla Nasa. “Studiare da vicino questi oggetti – conclude John Grunsfeld, ex astronauta e attuale responsabile delle missioni scientifiche dell’Agenzia spaziale Usa – ci farà comprendere come proteggere meglio il nostro Pianeta dagli impatti con gli asteroidi”.

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