Scontro all'ufficio di presidenza di Forza Italia tra l'ex Cavaliere e il deputato pugliese. Ma lui ribatte: "Siamo peggio di un partito leninista, ma non mollo"
“Tu sei figlio della vecchia Democrazia cristiana. Se vuoi puoi andare via”. La nuova puntata dello scontro tra Silvio Berlusconi e Raffaele Fitto va in scena all’ufficio di presidenza di Forza Italia. “Questo non è un partito alla vecchia maniera”, avrebbe detto secondo le ricostruzioni l’ex Cavaliere, “tu sei un figlio della vecchia Dc, se vuoi puoi andare via e magari poi ci alleiamo”. Il motivo dello scontro questa volta, è stata la contrarietà del deputato pugliese a votare un documento che impegnasse tutti i 36 parlamentari del Comitato di presidenza con diritto di voto ad adottare la linea politica appena decisa senza aprire un dibattito. Il botta e risposta tra i due a molti ha ricordato il ‘Che fai mi cacci?’ di Gianfranco Fini che segnò l’implosione del Pdl. “Se continui così e vuoi fare come vuoi tu, io ti caccio”, avrebbe avvertito Berlusconi. Pronta la replica dell’ex ministro: “Io non me ne vado dal partito, non puoi cacciarmi via, resto qui a fare la mia battaglia, come sempre ho fatto fino ad ora”.
Raffaele Fitto non molla e uscendo dall’ufficio di presidenza commenta lo scontro. “Forza Italia è, resta e sarà il mio partito. Ho sempre sostenuto la necessità di fare un’opposizione netta al governo Renzi, altrimenti rischiamo di perdere ulteriori consensi nel nostro elettorato e questo l’ho ribadito anche oggi”, avrebbe detto ai suoi l’eurodeputato azzurro, determinato a continuare la sua battaglia dentro il partito, “come sempre ho fatto”. Niente gruppi parlamentari autonomi, dunque. Nessuna scissione all’orizzonte, come vorrebbe l’ala più filorenziana dei berlusconiani, dicono i suoi fedelissimi. “Sono il primo a volere il rinnovamento di Fi, ma bisogna partire da regole democratiche per scegliere la nuova classe dirigente, non ci possono essere nomine calate dall’alto”, va ripetendo da tempo. Ieri ha riunito i suoi, oltre 35 parlamentari tra Camera e Senato, ed è rimasto molto male per la frase del Cav ‘tu sei un figlio della vecchia Dc, sei abituato alle correnti’, considerata un’offesa a suo padre, ex esponente pugliese della Balena bianca, e non arretrerà un millimetro dalle sue convinzioni, sia sul rapporto con Renzi, sia sulla riorganizzazione di Fi. Raccontano che dopo le scintille al Comitato di presidenza, Fitto avrebbe incrociato Denis Verdini, alla presenza di Giovanni Toti: non si era mai visto una cosa del genere, siamo peggio di un partito leninista. Rivolto ancora al principale artefice del patto del Nazareno l’ex governatore avrebbe detto: ci vediamo nelle sedi competenti.
All’ufficio di presidenza di Forza Italia ci sarebbero state scintille non solo tra Silvio Berlusconi e Raffaele Fitto, ma anche tra Denis Verdini e Daniele Capezzone. Oggetto del contendere, ancora una volta la linea del partito nei confronti del governo Renzi. Pronta la replica di Verdini, uno dei principali sostenitori del Patto del Nazareno: oltre a parlare con il cuore in mano, cerca di usare il cervello e parlare con il cervello… Io ce l’ho un cervello, avrebbe tagliato corto Capezzone. E allora, se hai testa, dovresti renderti conto che non c’è alternativa a questo governo se vogliamo portare avanti le riforme, avrebbe ribattuto Verdini, spiegando che questo esecutivo ha fatto tutto il possibile per venirci incontro, come la legge elettorale. Se poi dovessimo tornare al Mattarellum per colpa vostra, sarebbe stato lo sfogo di Verdini, allora sarete voi i responsabili di tutto e vi impicco a un albero. Parole dure, quelle di Verdini, subito respinte da Capezzone: sei tu, invece, il responsabile del calo di consensi, visto che siamo passati dal 20 al 13%. Durante il suo intervento, Capezzone avrebbe sottolineato la necessità di essere più chiaramente alternativi al governo, soprattutto in tema di tasse a partire da quelle sulla casa. E’ legittima la posizione di coloro che vogliono costruire un’alternativa alla sinistra e di chi cerca un’interlocuzione, ma il rischio, avrebbe ammonito, è che se continuerà il calo dei consensi per la delusione dei nostri elettori non sarà possibile sostenere né l’una né l’altra posizione.