L'avvocato bresciano affianca all’impegno in politica la cattedra di docente universitario alla Statale di Milano, il lavoro nello studio legale Pavesi, Gitti, Verzoni e le cariche nei consigli di amministrazione di numerose società. Tra cui le finanziarie che si occupano di cartolarizzare crediti di emanazione del gruppo Ubi, la banca popolare alla cui nascita ha contribuito il suocero con la consulenza dello stesso Gitti
“Le dichiarazioni di Renzi sulla Cgil costituiscono l’atto politico più importante dalla costituzione del suo governo”, cinguettava lo scorso 20 settembre su Twitter l’onorevole bresciano Gregorio Gitti. Che si è innamorato del premier tanto da cambiare partito. Con la collega Gea Schirò, Gitti ha infatti lasciato il gruppo parlamentare alla Camera Per l’Italia e ha traslocato in casa Pd. Un ritorno, per il cinquantenne Gitti, che dalla guida dell’Associazione per il partito democratico è approdato alla Lista Monti (diventata Per l’Italia) e ora ha chiesto di entrare come indipendente a far parte del gruppo dei deputati democratici. I motivi della scelta li spiega sul suo sito www.gregoriogitti.it: “Con consapevole serenità ho preso atto che il progetto politico nato con Scelta Civica e proseguito con il gruppo parlamentare Per l’Italia non è diventato quel soggetto innovativo e riformatore in cui abbiamo creduto in tanti”. Gitti ha quindi dovuto, “faticosamente, riconoscere” che per lui “è maturato il tempo di riprendere il percorso politico più coerente con la mia storia personale”. Storia che non si intreccia solo con il Pd ma anche con un grande vecchio della finanza italiana, Giovanni Bazoli, dominus di Intesa Sanpaolo. Ovvero il suocero di Gitti, che ha sposato sua figlia Francesca.
Per l’onorevole bresciano – 3,4 milioni di euro l’ultimo reddito da parlamentare dichiarato – l’impegno in politica va infatti conciliato con la cattedra di docente universitario alla Statale di Milano, il lavoro di avvocato d’affari dello studio legale Pavesi, Gitti, Verzoni ma anche con le cariche ricoperte nei consigli di amministrazione di numerose società: è consigliere delle lampade Flos, presidente e consigliere della Cooperativa Luigi Bazoli che edita riviste e periodici, presidente di Casarossa (holding di partecipazioni controllata al 100% e amministrata insieme alla moglie), consigliere di Skira Editore (un tempo partecipata da Rcs e presieduta dall’ex ad della Rizzoli Antonello Perricone, oggi in Ntv), consigliere dell’azienda fiorentina Bassilichi, consigliere di Navigator (legata anch’essa alla famiglia Bassilichi) e infine presidente di una piccola pattuglia di finanziarie che si occupano di cartolarizzare crediti di emanazione del gruppo Ubi, la grande banca popolare bergamasco/bresciana alla cui nascita Bazoli senior ha dato un decisivo contributo. Incarichi, questi ultimi, che gli sono costati più di un imbarazzo legato a un possibile conflitto di interessi quando nei mesi scorsi sull’istituto si è abbattuta l’inchiesta giudiziaria aperta dalla Procura di Bergamo seguendo due filoni: l’ipotesi di ostacolo all’attività di vigilanza (che riguarda Bazoli, nella veste di presidente di un’associazione di piccoli azionisti, e l’ex presidente della Popolare Emilio Zanetti) più quello legato alla truffa e al riciclaggio per le operazioni del leasing (che coinvolge Giampiero Pesenti, proprietario anche di Italcementi). Interpellato al tempo dal Fatto Quotidiano, in merito ad alcuni incarichi di consulenza svolti per il Gruppo Ubi, Gitti rivendicava “la perfetta liceità delle operazioni di cartolarizzazione svolte secondo i migliori standard di mercato” e in ogni caso “di avere ricoperto esclusivamente il ruolo di amministratore indipendente e non operativo” nelle società veicolo della banca.
Di certo Gitti è stato il consulente legale nella fusione che ha dato luogo alla nascita di Ubi Banca, ha partecipato alla nascita della nuova Alitalia di Roberto Colaninno, operazione targata Intesa Sanpaolo, ed era nella squadra degli advisor nella nascita di A2A, nata dalla fusione delle due municipalizzate elettriche di Milano e Brescia. Nel 2008 Gitti ha costituito la Fondazione Etica per proporre “l’elaborazione di una nuova idea di Paese, basata su una moderna etica pubblica”. Tra i soci c’è anche Giovanni Gorno Tempini, amministratore delegato di Cassa depositi e prestiti ed ex numero uno di un’altra emanazione bazoliana, la Mittel. A gettare le fondamenta dell’ente no profit ha contribuito anche il finanziere franco polacco Romain Zaleski, cui l’Intesa bazoliana ha prestato centinaia di milioni. E solo di recente Gitti ha dato le dimissioni da presidente di Metalcam, azienda siderurgica di Breno che per il 48% fa capo alla Carlo Tassara dello stesso Zaleski dopo che il fondo Clessidra ha ceduto le sue quote a Mario Cocchi, l’amministratore delegato della stessa Metalcam, storico braccio destro del finanziere franco-polacco.
L’instancabile Gitti ha anche tempo per fare investimenti nel business alberghiero. A dicembre 2012 l’onorevole bresciano ha comprato per 1,6 milioni il castello di Perno, nelle Langhe, che fu dell’editore Giulio Einaudi. Un bed & breafkast di lusso con una decina di camere che può ospitare anche eventi, spettacoli, convegni, corsi e seminari. L’anno scorso Gitti ha invece investito in Svizzera, nella valle dell’Engadina a tredici chilometri da Sankt Mortiz, sull’hotel di lusso Chesa Colani insieme all’amico Francesco Aletti Montano, ex patron di Banca Aletti. Le tariffe giornaliere della suite partono da 1.250 franchi svizzeri a notte fino a 1.750 sotto Natale. Troppi, per organizzarci la prossima convention del Pd.
Sullo sfondo, la politica. Passione ereditata dal padre Tarcisio Gitti, detto Ciso, parlamentare democristiano. Nel 2013 è diventato deputato, eletto nelle liste della Scelta Civica di Mario Monti dopo anni di militanza prima nei circoli della Dc bresciana da sempre vicina alla Curia e alle stanze dei bottoni della finanza cattolica lombarda e poi nel Pd. Attivo nell’Ulivo e vicino a Romano Prodi, ai tempi dell’aggregazione tra Ds e Margherita, Gitti junior si è fatto promotore dell’Associazione per il partito democratico, organo politico culturale che prefigurava appunto la nascita del Pd. Ha appoggiato Rosi Bindi alle primarie, in funzione anti-veltroniana, ma si è entusiasmato anche per Ignazio Marino, uomo di “rottura”; ha tuonato contro lo spirito del Lingotto, «stupido e velleitario», ma ha anche spinto per la candidatura di Ferruccio de Bortoli alle comunali di Milano. Nel frattempo, ha flirtato con il centro casiniano e ha lavorato con l’ex ministro del Tesoro Giulio Tremonti. A fine 2009, lo studio legale Vitali Romagnoli Piccardi, fondato dal professore di Sondrio si è fuso con lo studio Pavesi Gitti Verzoni, il cui partner principale è proprio Gitti.
Ora la scommessa su Renzi e il trasloco nel gruppo parlamentare dei Democratici. A ventiquattro ore dalle dichiarazioni del suocero Bazoli che giovedì scorso ha dichiarato a sorpresa di “vedere nella capacità decisionale dell’attuale premier una garanzia che si possa arrivare in tempi ragionevoli all’attivazione delle riforme”. Una tattica per spiazzare il presidente del Consiglio e sgonfiare il complotto dei “poteri forti” o un messaggio di incoraggiamento per il genero?