Da qualche giorno Nunzio D’Erme è detenuto nel carcere romano di Regina Coeli. In premessa i fatti: D’Erme è un attivista politico della sinistra diffusa romana, che anni fa per poco non è diventato parlamentare europeo. Qualche mese or sono è stato denunciato per aver partecipato a una rissa ‘politica’ contro i militanti di Militia Christi, movimento di estrema destra che mischia nel suo nome il sacro con il profano. Il provvedimento cautelare nei confronti di D’Erme è arrivato a distanza di tempo dalla commissione del fatto. In questa sede non entro nel merito su innocenza o colpevolezza, ma voglio invece parlare dello stupore che l’ordinanza cautelare lascia nei cultori del diritto.
La legge ci dice che la custodia cautelare può essere imposta qualora si incontri uno dei seguenti tre requisiti: pericolo di fuga, pericolo di occultamento delle prove, rischio di reiterazione del reato. D’Erme non è scappato e non ha comprato biglietti di viaggio on-line. Pertanto il primo requisito manca palesemente. I giudici citano le altre due motivazioni. Ma, a quattro mesi dai fatti accaduti, se Nunzio D’Erme avesse voluto occultare le prove lo avrebbe già fatto. E non si vede peraltro quale prova possa essere occultata a seguito di una rissa o di qualcosa di simile. Nell’ordinanza si dice poi che permane il rischio di reiterazione del reato e si fa un riferimento al carisma politico dell’accusato negli ambienti da lui frequentati. Altri potrebbero imitarlo. Di questa motivazione si vedono tutti i rischi interpretativi. D’Erme sarebbe in carcere per evitare che altri lo emulino. Di passo in passo, così ragionando, perché non tenerlo dentro a vita, non sulla base dei delitti commessi ma di quelli che altri potrebbero commettere sentendolo magari chiacchierare al bar?
Da mesi l’Italia, a seguito di condanne europee, sta cercando di evitare che le galere scoppino per il sovraffollamento. Si sono sovrapposti svariati interventi normativi diretti a decongestionare le carceri, le quali vantavano un anno e mezzo fa un tasso di detenuti in attesa di giudizio assai superiore alla media europea (oltre il 40% a fronte di una media del 25%). Oggi i detenuti in custodia cautelare sono in leggero calo, proprio grazie ai provvedimenti messi in campo. Le nuove indicazioni normative sono dirette a evitare il carcere pre-processo per fatti di reato non gravi e puniti con pene non elevate. Un principio di ragionevolezza. I giudici di Nunzio D’Erme non sembra che abbiano usato quest’ultima nell’emanare la loro ordinanza. Viene piuttosto in mente il desiderio di usare la galera in maniera simbolica ed esemplare, per anticipare un’eventuale punizione e dare il segno di cosa possa capitare a chi voglia seguire quelle tracce. Una visione del diritto penale che appartiene a un modello non proprio liberale.