La scelta è tra Dilma Rousseff e Marina Silva. Sono quasi 142 milioni gli elettori brasiliani che domenica dovranno scegliere il loro nuovo presidente della Repubblica, oltre a 27 governatori, 513 deputati nazionali, 1.069 deputati federali e 27 senatori (un terzo della camera alta). Quello che si presenterà all’appuntamento con le urne, considerato tra i più combattuti e incerti degli ultimi 30 anni, è tuttavia un Paese diviso a metà.

Da una parte esiste il desiderio di continuità, rappresentato dall’attuale capo di Stato, Dilma Rousseff, che mira a un secondo mandato quadriennale per il Partito dei lavoratori (Pt, di sinistra) e che i sondaggi mostrano in vantaggio al primo e secondo turno. Il tutto nonostante gli scandali di corruzione scoppiati anche durante il suo governo (in particolare all’interno dell’azienda statale del greggio Petrobras) e i numeri affatto confortanti del Pil nazionale messi a segno nel corso della sua amministrazione (il gigante sudamericano, potenza emergente dell’economia mondiale, è di recente entrato in recessione tecnica). La preferenza per Dilma accomuna soprattutto le classi meno agiate, preoccupate che con una sterzata ai vertici del potere vengano meno i programmi sociali a loro destinati e che negli ultimi dieci anni hanno fatto uscire milioni di persone dalla soglia della povertà estrema.

Dall’altra emerge però anche la voglia di cambiamento, impersonata dalla principale sfidante di Rousseff, Marina Silva, venuta dal nulla e oggi esponente del Partito socialista (Psb, progressista). La carismatica leader ambientalista evangelica nelle ultime proiezioni appare tuttavia in netto calo, dopo la fulminante impennata tra le intenzioni di voto delle scorse settimane. Marina intercetta un elettorato trasversale, che va da certi settori del business delusi dagli scacchi recenti, ai movimenti di protesta sfociati nelle oceaniche manifestazioni di piazza del giugno 2013. Ma i limiti sono rappresentati dal suo ”fondamentalismo ecologico e religioso”, secondo l’immagine usata dai detrattori per alimentare la diffidenza.

Il ballottaggio, in programma il 26 ottobre, è dato comunque per sicuro. Ma potrebbe far rientrare in gioco anche un terzo ‘incomodò: il candidato del Partito socialdemocratico (Psdb, moderato), Aecio Neves, risalito a sorpresa nelle proiezioni e impegnato a cercare di soffiare a Marina la chance di un secondo turno. La tensione alle stelle ha caratterizzato anche il dibattito finale trasmesso la notte scorsa sulla tv Globo. Rinfrancato dagli ultimi rilevamenti, Neves è apparso più pimpante e ha concentrato i suoi attacchi soprattutto contro Rousseff, accusata, tra l’altro, di aver provocato la crescita dell’inflazione. Visibilmente stanca e nervosa invece Marina Silva, sottoposta al fuoco incrociato di Dilma e Aecio, dai quali è stata tacciata di “incoerenza” ed “inesperienza”. ”Votate senza paura”, ha provato a reagire la paladina dell’Amazzonia rivolgendo un ultimo appello agli elettori.

La vittoria, che forse verrà assegnata al fotofinish, potrebbe essere appannaggio di chi riuscirà ad attirare, tra gli altri, i voti della classe media. Se i più benestanti sembrano orientati ad affidarsi al pretendente conservatore, Neves, e i ceti bassi daranno molto probabilmente ancora fiducia a Rousseff, è proprio l’elettorato intermedio a vedersi meno rappresentato. Da questa fascia della popolazione, oltre che dal gran numero d’indecisi (circa il 20% degli aventi diritto al voto), potrebbe dunque arrivare la sentenza finale.

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