Equipaggio e passeggeri rimasti senza ossigeno. Questa l’ipotesi sulle cause che hanno portato alla scomparsa del volo MH370 della Malaysia Airlines, le cui tracce sono state perse dai radar l’8 marzo mentre sorvolava il mare tra la Malaysia e il Vietnam con a bordo 239 persone. La nuova teoria, che ipotizza un possibile stato di ipossia nell’aereo, è stata avanzata in un rapporto dell’ufficio sicurezza dei trasporti australiano che ha ricostruito le fasi finali del volo basandosi sulle prove finora emerse. “Il Boeing 777-200ER – si legge nel documento – ha volato con il pilota automatico ad una normale altitudine fino al momento in cui è venuto a mancare il carburante“.
Un’ipotesi che secondo il New Strait Times online ricalca un incidente avvenuto in Grecia al volo 522 di Helios Airways il 14 agosto 2005. “Questi scenari ipotetici sono stati elaborati con l’unico fine di definire meglio l’area delle ricerche del velivolo” ha continuato il quotidiano online della Malaysia sottolineando che “nulla lascia presagire una conferma da parte delle autorità che indagano sull’accaduto”. Il rapporto sul volo in Grecia parlava di una decompressione fuori controllo con perdita progressiva di capacità operativa da parte dell’equipaggio e infine esaurimento del carburante. L’aereo è poi precipitato al suolo a 40 chilometri da Atene e tutti i 121 passeggeri sono morti.
Per quanto riguarda le ricerche del volo MH370, le indagini sono entrate in una nuova fase con l’arrivo nella parte meridionale dell’Oceano Indiano di imbarcazioni equipaggiate con droni sottomarini dotati di speciali telecamere e sonar in grado di perlustrare il fondale a oltre 6mila metri di profondità. La nuova fase è stata avviata al termine di mesi di analisi tecniche e mappature del fondale nella zona dove si ritiene che l’aereo sia precipitato. L’annuncio è stato dato dalle autorità australiane che hanno anche sottolineato che le ricerche potrebbero chiudersi tra più di un anno.