Politica

Conflitto interessi, sanzioni fumose e onorevoli salvati. I buchi della riforma

Il ddl approvato dalla Commissione affari costituzionali arriverà in aula mercoledì 7 ottobre. Dopo 10 anni c'è la possibilità di modificare la legge del ministro dell'interno fedelissimo di Berlusconi. Ma ancora una volta potrebbe servire a poco e niente

C’è la prevenzione. Ma le sanzioni sono poco chiare o del tutto assenti. La separazione tra interessi privati e pubblici non è efficace, e si considera il conflitto solo per le cariche di governo. Dimenticando i parlamentari e soprattutto il presidente della Repubblica. L’incompatibilità a posteriori? Totalmente assente. Silvio Berlusconi? Ancora una volta potrebbe salvarsi. Matteo Colaninno o Alberto Bombassei? Nemmeno presi in considerazione.

Dopo dieci anni arriva in parlamento una bozza di legge sul conflitto d’interessi che dovrebbe sostituire il testo scritto in pieno governo berlusconiano dal ministro Franco Frattini. E ancora una volta il rischio è che serva a poco o niente. Scritta dall’onorevole di Forza Italia Francesco Paolo Sisto, noto tra le altre cose per essere stato autore dell’emendamento “salva ruby” in difesa dell’ex Cavaliere, è stata votata in commissione da quasi tutte le forze politiche senza fiatare (compreso il Pd). Assenti in segno di protesta solo i deputati del Movimento 5 stelle. Ora sono circa 160 gli emendamenti presentati (il termine alle 14 del 6 ottobre) nella speranza di modificare un testo che lascia perplessi molti. Ma potrebbe non essere abbastanza. “Il Consiglio d’Europa”, commenta il professore di Diritto costituzionale all’Università di Pisa Andrea Pertici e uno dei massimi esperti di conflitto d’interessi in Italia (e tra gli autori della proposta di riforma del Senato a firma Civati), “ha chiesto nel 2005 di modificare la legge Frattini. Dopo 10 anni siamo qui a parlare degli stessi problemi e ancora una volta il sistema messo in piedi non sembra efficace”. E soprattutto il dubbio: “I disegni di legge presentati in Commissione Affari costituzionali della Camera erano 5. E tutti erano più forti di quello che è stato il risultato finale”. Così il paradosso: parlamentari che chiedono interventi forti in materia, e un relatore che presenta un ddl annacquato.

Due i punti principali secondo Pertici su cui intervenire per cercare di dare forza alla legge. Innanzitutto la separazione degli interessi privati e pubblici. “Nel testo”, continua, “si prevede solo la possibilità che il gestore alieni i beni di chi detiene una carica, ma questa trasformazione niente ha a che vedere con quella necessaria del blind trust americano. Mancano inoltre norme volte ad assicurare una rigida cecità della gestione e quindi certamente capaci di impedire la conoscenza dei propri interessi privati al titolare della carica pubblica, cosa che, invece, era prevista, con qualche differenza, in altre proposte: dalla Bressa alla Civati alla Fraccaro”. Altro elemento che desta numerose preoccupazioni è quello della Commissione che viene istituita per verificare il conflitto. Nella legge non si prevedono criteri specifici, ma solo si deve trattare di “5 componenti nominati dal presidente della Repubblica che li sceglie, sentititi i presidenti di Camera e Senato, tra persone di notoria e indiscussa capacità e indipendenza”. “Sono criteri molto vaghi”, commenta il professore, “non ci sono requisiti specifici e invece sarebbe fondamentale che si trattasse di persone  con precisa qualificazione professionale e nettamente separate dalla politica. Altro elemento preoccupante: il fatto che debbano esercitare a titolo gratuito. Questo significa che devono avere un’altra professione e ne andrebbe della loro indipendenza e della stessa possibilità di dedizione a questo incarico”. Nelle altre proposte di legge era previsto che fosse incaricata l’Antitrust oppure che si creasse un’autorità ad hoc con requisiti stringenti. “L’organo di controllo è fondamentale perché è incaricata di applicare sanzioni e vigilare sul conflitto. Per questo è necessario avere garanzie sulla sua composizione”. Un altro aspetto identificato dal professor Pertici è il fatto che non si preveda il conflitto di interessi per i parlamentari e per il presidente della Repubblica: “Sono assenze rilevanti. Anzitutto quella del Presidente, ma anche quella dei parlamentari, per i quali certamente le norme dovrebbero essere meno invasive, vista la differenza di ruolo. Ma una buona legge dovrebbe prenderli in considerazione”. Il ddl non considera nemmeno le Regioni (per le quali viene stabilità una norma di principio) e gli enti locali (viene stabilita una delega al governo per intervenire). 

Ma non sono gli unici elementi a far sorgere più di un dubbio al docente di diritto costituzionale. Non viene prevista ad esempio l’incompatibilità post carica. Un passo indietro addirittura rispetto alla legge Frattini dove si menzionava la possibilità. “Un sistema serio”, continua Pertici, “prevede un periodo di raffreddamento dopo aver ricoperto la carica pubblica. Ad esempio la proposta Civati parlava di 24 mesi. In mancanza di questo continueremo ad assistere ai passaggi da una carica all’altra con tutti rischi del caso”. La stessa definizione di conflitto di interessi nella bozza di Sisto è molto complessa e farraginosa, tanto da lasciare spazio ad ambiguità. “E’ costruita in modo complesso”, dice il professore, “andrebbe rovesciata e in primo luogo bisognerebbe dire in quali casi si prevede il conflitto di interessi. Ad esempio si fa riferimento al conflitto per proprietà, ma non per rappresentanza (ovvero quando qualcuno è nel consiglio d’amministrazione)”. Infine le sanzioni ancora una volta sono inefficaci. “Nella legge Frattini ad esempio si prevedono sanzioni per l’impresa e non per il proprietario. E la multa riguarda il vantaggio ottenuto. Quindi è davvero molto debole. Nel ddl attuale però, a parte la sanzione per chi dichiara il falso, non si prevedono altri interventi per chi riesce a scappare dalla maglia della prevenzione”.

La bozza si salva là dove rovescia il sistema e inserisce la necessaria prevenzione del conflitto di interessi. Si tratta ovvero di un sistema in cui si è obbligati alladichiarazione preventivamente. Anche se poi la Commissione ha 4 mesi per intervenire. Una durata di tempo molto lunga vista anche la durate dei governi. “Il problema”, conclude il docente, “è quando pensiamo all’applicazione concreta del provvedimento. L’impianto creato non dà garanzie di efficacia”. E gli esempi che vengono in mente sono quelli noti. “Silvio Berlusconi? Con questo ddl sarebbe sicuramente individuato in conflitto di interessi, ma poi l’impianto non prevederebbe rimedi sicuri perché – per lui come per tutti, naturalmente – se continuasse a sapere dove sono collocati i propri investimenti il conflitto d’interessi rimarrebbe”. Ma senza andare a Berlusconi, senatore decaduto dalla carica, basterebbe guardare al nostro Parlamento. ” casi di parlamentari di cui si è occupata la giunta delle elezioni per le incompatibilità, da Bombassei a Colannino fino a Gitti, sarebbero completamente ignorati perché non previsti tra i casi da controllare. Insomma un cambiamento limitato, con molti dubbi e pochi interventi efficaci. “Il Consiglio d’Europa con la commissione Venezia ci aveva chiesto una separazione efficace degli interessi. Per arrivare a questo il testo ha bisogno almeno di essere profondamente emendato”.