Cari precari, abbiamo sbagliato. Ridateci i soldi. Sono sobbalzati sulla sedia le centinaia di ex co.co.co della scuola, dottorandi e assegnisti di ricerca universitaria che hanno ricevuto nelle scorse settimane una lettera dell’Inps nella quale si chiedeva loro di restituire l’indennità una tantum introdotta dal decreto legislativo 276 del 2003 e successivamente dalla Legge 2 e 33 del 2009, ai tempi dei ministri Giulio Tremonti e Maurizio Sacconi. L’una tantum, erogata cinque anni fa a sostegno del reddito, escludeva infatti i collaboratori del pubblico impiego ma a causa di una norma “confusa”, a detta della Cgil, molte sedi dell’Inps avevano erogato il beneficio ai lavoratori. Parliamo di circa 4mila euro.
Immediata la reazione della Federazione lavoratori della conoscenza della Cgil e del Nidil (che tutela i lavoratori precari): nei giorni scorsi sono scesi in campo riuscendo a bloccare, per ora, le lettere che l’Inps stava inviando a migliaia di lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa. L’istituto di previdenza ha chiuso la pratica e ha disposto di sospendere tutte le note di addebito già inviate e di bloccare i nuovi invii, in attesa di un riesame complessivo della normativa che sarà oggetto di un confronto con i ministeri competenti. Una tregua che ha messo comunque in guardia la confederazione guidata da Susanna Camusso, che martedì terrà una conferenza stampa alla Camera dei Deputati per chiedere al governo di risolvere in maniera definitiva la questione.
Sulla vicenda sono intervenuti anche alcuni deputati e senatori. Gli onorevoli Marco Miccoli e Elisa Simoni del Pd, con Ileana Piazzoni e Titti Di Salvo di Sel, hanno presentato un’interrogazione in cui bocciano l’una tantum che ha “dimostrato fin dalla sua introduzione scarsa efficacia a causa dei requisiti restrittivi”. Secondo i dati riportati dai parlamentari, al 31 marzo 2013 su 70.016 domande acquisite solo 26.587 erano quelle liquidate. “In particolare – scrivono i deputati – si rileva l’incomprensibile esclusione dalla tutela di sostegno al reddito dei collaboratori che operano nel pubblico impiego oltre che delle figure ad essi assimilabili quali assegnisti di ricerca e dottorandi o co.co.co delle scuola che partecipano a progetti regionali. Su queste figure si è determinata una iniziale incertezza normativa e amministrativa in merito alla loro esclusione tant’è che diverse sedi Inps territoriali hanno operato in modo differente e contraddittorio fino al 2013 quando con la circolare numero 38 del 14 marzo l’Inps ha tenuto a precisare l’esclusione di questi lavoratori”.
Ora la palla passa al governo, che dovrà trovare una soluzione per sollevare i giovani ricercatori e i co.co.co dall’onere di restituire le somme già erogate da anni. L’istituto previdenziale ha infatti solo congelato la partita in attesa delle scelte dei ministeri. Dal canto suo la Cgil è intenzionata a farsi sentire: “Proprio nei giorni in cui il Parlamento discute del Jobs Act intendiamo mandare un messaggio chiaro”, chiariscono al sindacato. “Non è più rinviabile una riforma in senso universalistico del welfare. Va garantito a tutti, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, un sostegno al reddito quando scade il contratto”.