Una lettera in cui parla nero su bianco della “paura di morire” anche se per lui “la cosa più difficile è non sapere, immaginare, sperare se posso addirittura sperare ancora”. La famiglia di Peter Kassig, l’americano nelle mani dell’Isis che compare nel video della decapitazione di Alan Henning, ha deciso di pubblicare su Twitter degli estratti di una missiva inviata dall’ostaggio e datata 2 giugno. Nei giorni scorsi i genitori del giovane, che nel corso della prigionia si è convertito all’Islam, si erano già rivolti ai jihadisti per chiedere la liberazione del figlio

Intanto The Times scrive di essere entrato in possesso di documenti riguardanti la liberazione, il 20 settembre, dei 49 ostaggi turchi in mano alo Stato Islamico. Secondo il quotidiano britannico, la Turchia ha trattato con i jihadisti arrivando a un accordo per il rilascio degli uomini in cambio del rilascio di 180 miliziani fedeli all’autoproclamato califfato di Abu Bakr al-Baghdadi.

Sul fronte della coalizione anti-Isis, proseguono i raid contro il Califfato, e nella notte si è svolta la prima missione di pattugliamento e di appoggio ravvicinato sul nord dell’Iraq da parte degli aerei australiani, all’indomani dei primi bombardamenti effettuati “con successo” dal Belgio contro “elementi terroristici dell’Isis” a ovest di Baghdad. Alcuni F16 olandesi hanno invece effettuato una prima missione di pattugliamento in Iraq.

Prosegue la resistenza contro lo Stato Islamico anche sul confine turco, dove domenica 5 ottobre Arin Mirkin, combattente curda madre di due figli, si è fatta esplodere tra i miliziani dell’Isis alle porte di Kobane, la città siriana al confine da giorni sotto l’assedio jihadista. Secondo il sito Free Kurdistan, Arin era comandante di un’unità femminile di combattenti, aveva ucciso in battaglia 15 jihadisti ed era riuscita anche a distruggere un blindato. Si sarebbe fatta saltare in aria dopo aver finito le munizioni. 

La lettera di Kassig – “Ho paura di morire, ma la cosa più difficile è non sapere, immaginare, sperare se posso addirittura sperare ancora”. Sono le parole dell’ostaggio americano Peter Kassig in una lettera inviata ai genitori e datata 2 giugno, ma la famiglia dell’ostaggio ha deciso di pubblicarne degli estratti su Twitter “perché il mondo capisca perché noi e tante altre persone lo amiamo e ammiriamo”. Kassig, 26 anni, è stato rapito dai militanti dell’Is l’1 ottobre 2013 in Siria, dove forniva aiuti ai rifugiati in fuga dalla guerra civile. Come riferito da un ex ostaggio, nel corso della prigionia si è convertito all’Islam, cambiando il proprio nome in Abdul Rahman

“Sono molto triste per ciò che è successo e per quello che voi a casa state passando. Se dovessi morire, immagino che almeno voi e io possiamo trovare rifugio e conforto nel sapere che sono partito nel tentativo di alleviare la sofferenza e aiutare i bisognosi“, scrive ancora Peter. “In termini di fede, prego ogni giorno e non sono arrabbiato per la mia condizione. Sono in una complicata situazione dogmatica qui, ma sono in pace con il mio credo”. Nel pubblicare la lettera del figlio, i genitori hanno cancellato alcune parti con dati sensibili e ribadito l’appello “al mondo a continuare a pregare per lui e per tutti gli innocenti colpiti dalla violenza e dalla guerra”. “Continuiamo la pressione sul governo affinché fermi le sue azioni e continui a parlare con i suoi sequestratori perché abbiano pietà e lo rilascino”, concludono Ed e Paula Kassig. Kassig era andato in Siria per l’organizzazione Special Emergency Response and Assistance, da lui fondata, e fu catturato nei pressi di Deir Ezzor, nell’est della Siria, un anno fa. La sua conversione all’Islam solleva delle complicazioni, ma i Kassig fanno sapere che la vedono come “parte del lungo percorso spirituale di nostro figlio.

180 jihadisti in cambio dei 49 ostaggi. Le rivelazioni del The Times svelano, se confermate, una vera e propria trattativa tra il governo turco e i vertici delle milizie jihadiste in Siria per la liberazione dei 49 ostaggi catturati a giugno dai combattenti fedeli ad al-Baghdadi nel consolato iracheno di Mosul. Il prezzo da pagare per veder tornare a casa i prigionieri è stata la scarcerazione di 180 terroristi, tra cui alcuni occidentali, legati allo Stato Islamico e catturati durante gli scontri in territorio siriano dai ribelli che si oppongono all’Isis. Il quotidiano britannico, che dichiara di aver visionato la lista dei nomi, afferma che tra di loro ci sono due britannici, tre francesi, due svedesi, due macedoni, uno svizzero e un belga. I britannici sono il 18enne Shabazz Suleman, studente di grammatica, e il 26enne Hisham Folkard, sui quali ora indaga l’antiterrorismo di Londra. La liberazione dei 49 ostaggi turchi, il 20 settembre, ha permesso al governo di Ankara di prendere parte alle operazioni per contrastare lo Stato Islamico. Il primo atto è stata l’approvazione da parte del Parlamento della mozione che apre all’invio di truppe in Siria e Iraq. Secondo il governo britannico, stando a quello che riporta la Bbc, la notizia diffusa dal Times è “credibile”.

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