“Il mio ufficio è stato messo in condizione di non operare più dal momento in cui ho iniziato a toccare i livelli politici istituzionali”. A raccontare la vicenda, che sembra un vero e proprio caso di mobbing, è l’ex sostituto commissario della Questura di Latina (ora in congedo) che dal 2005 al 2011 si è occupato delle misure di prevenzione: sequestri e confische di capitali, beni mobili e immobili appartenenti a presunti esponenti delle organizzazioni criminali che infestano il basso Lazio, territorio ad alta densità mafiosa. Con circa 60 operazioni effettuate per un importo superiore ai 500 milioni di euro, il super-poliziotto è stato un vero e proprio incubo per la criminalità organizzata. Una carriera impreziosita da premi ed encomi che ad un certo punto viene inspiegabilmente bloccata. Come già denunciato dall‘Anip-Italia Sicura del Lazio, Federazione Uil Polizia, il sostituto commissario è stato prima isolato, poi colpito di una sanzione disciplinare (annullata dopo il ricorso e la vittoria al Tar) e infine si è trovato costretto a trasferirsi in un altro ufficio. “Mi si imponeva di non andare più a lavorare il pomeriggio – ricorda l’ex poliziotto – dicendo che i soldi per gli straordinari erano finiti, in alcune occasioni non avevo il necessario supporto delle volanti nelle attività di confisca, mi veniva negata la documentazione per dei lavori che stavo svolgendo. In pratica dal punto di vista operativo non era più possibile andare avanti”. Accuse che l’ex poliziotto ha messo nero su bianco in un esposto presentato alla Procura di Latina e consegnato al ministro dell’Interno e al Capo della Polizia. “Al procuratore – prosegue – ho dato anche due lavori importanti che avevo concluso e che dovevano essere firmati dal questore per poi essere depositati in tribunale ma tutto questo inspiegabilmente non avvenne. Fatalità, circa tre mesi dopo, che la Questura di Latina abbia depositato in Procura gli stessi lavori da me conclusi” di Lorenzo Galeazzi e Luca Teolato
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