Nelle motivazioni della sentenza di assoluzione e prescrizione per Confalonieri e Berlusconi jr il Tribunale di Milano sottolinea che il meccanismo di ricarico sui diritti tv "non aveva alcuna giustificazione economica". Conclusione opposta a quelle del gup di Roma che aveva così prosciolto l'ex premier e gli altri imputati
Era il 1° agosto del 2012 quando il gup di Roma, prosciogliendo Silvio Berlusconi e altri imputati nel processo Mediatrade, aveva stabilito che Frank Agrama non era il “socio occulto” dell’ex premier, che era stata provata l’attività di intermediazione del produttore americano e che il ricarico di quasi il 50% dei diritti venduti era “del tutto ragionevole”. Quindi andavano tutti prosciolti dall’accusa di aver organizzato una grande frode milionaria.
Per i giudici milanesi della II sezione penale del Tribunale di Milano, che hanno emesso una sentenza di assoluzione e prescrizione per Fedele Confalonieri e Pier Silvio Berlusconi nel ramo milanese dell’inchiesta, invece la storia è un’altra e fanno uno specifico riferimento a quel verdetto: “Il ricarico apportato nell’attività di intermediazione dei diritti alle società del gruppo Mediaset succedutesi in tal funzione nell’arco temporale di interesse da Agrama e dalle società a lui riferibili sostanzialmente prive di una reale struttura, non aveva alcuna giustificazione economica e dunque del tutto indebita deve ritenersi la maggiorazione del costo accertata”. Il giudice per l’udienza preliminare di Roma aveva poi sostenuto che il 50% del ricarico fosse “del tutto ragionevole quantomeno in termini astratti, tenuto conto del rischio di invenduto gravante sul mediatore”. Quindi nessuna alimentazione di presunti fondi neri del gruppo. Tutti prosciolti. I giudici milanesi invece la pensano diversamente: “Non si può, infatti sostenere che quella maggioranza sia da ritenere come adeguato compenso per l’attività di intermediazione svolta proprio perché nel caso in concreto nei rapporti con le società del gruppo Mediaset l’attività svolta da Agrama e dalle società a lui riferibili era del tutto inesistente. Pertanto un ricarico quale quello accertato – argomentano i giudici nella motivazioni della sentenza – deve ritenersi del tutto spropositato”. E pensare che quel proscioglimento romano – insieme a quello incassato a Milano – veniva utilizzato come argomento dalla difesa per dimostrare la presunta estraneità dell’ex premier. Che poi però, scampato ai due procedimenti Mediatrade, è stato condannato in via definitiva a 4 anni per il procedimento Mediaset.
In questo nuovo capitolo della lunga storia dei diritti cinematografici entrano quindi le motivazioni per cui l’8 luglio 2014 Confalonieri e Berlusconi jr sono usciti indenni dal processo. Per i magistrati milanesi la frode ci fu, ma non c’è prova certa che il fine fosse l’evasione fiscale.Il meccanismo contestato, per anni diversi rispetto a Mediaset, dalla Procura di Milano era semplice: si procedeva all’acquisto di diritti cinematografici attraverso intermediazioni fittizie di società di comodo che poi li trasferivano a prezzi gonfiati alle società del gruppo Mediaset. Così nel consolidato Mediaset gli elementi attivi erano inferiori a quelli reali e di conseguenza venivano passate meno tasse.
Ebbene l’assoluzione è arrivata per presidente e vice presidente Mediaset perché “non vi sono prove sufficienti per attribuire alcuna responsabilità” e perché sono risultati estranei al “sistema di frode”. Una frode però avvenuta. Insomma il delitto è stato commesso, ma non si può provare né il movente né l’esecutore materiale. E per quanto riguarda Pier Silvio Berlusconi “il fatto di essere figlio di Silvio Berlusconi è certamente elemento che potrebbe far sospettare che egli fosse a conoscenza del meccanismo fraudolento ma rimane una mera ipotesi che… non solo non è stata in nessun modo suffragata, ma ha trovato nelle prove dichiarative e documentali richiamate elementi di contrasto”. Non solo “dalle complessive risultanze dichiarative e documentali non risulta (…) abbia contribuito alla realizzazione del reato o, se pur consapevole del meccanismo fraudolento in atto nell’acquisizione dei diritti, non abbia impedito che esso comunque si realizzasse al fine di evadere l’imposta”. Insomma la frode che è avvenuta, potrebbe essere avvenuta anche a sua insaputa. Il Tribunale, poi, nelle motivazioni sottolinea, facendo proprio uno dei punti della tesi difensiva, che “le prove emerse devono essere necessariamente valutate avendo comunque presente il nuovo scenario che, a partire dal 1999 in poi, si attua sia nel mercato dei diritti, in generale, sia nel gruppo Mediaset a livello societario e di organizzazione aziendale e di uomini, sia in Paramount”.