Milano. Nello stabile diventato un rifugio per senzatetto gli investigatori della Mobile, domenica sera, hanno trovato il cadavere di un uomo di 30 anni. Le indagini partono da una telefonata arrivata al 118 per segnalare una lite
La testa fracassata. Il sangue tutt’intorno. Il corpo di un 30enne a torso nudo in mezzo a cocci di bottiglia e sterpaglia. Questa è la scena che si sono trovati davanti gli agenti della Squadra mobile di Milano avvertiti da una telefonata anonima. Quando domenica sera intorno alle 23 sono arrivati in via Adriano 60 hanno però avuto pochi dubbi su come fosse morto Moustafa E. R, volato giù da una finestra di una scuola abbandonata da anni di proprietà dell’Aler (l’ente regionale che gestisce l’edilizia residenziale), sperduta ai confini della periferia est del capoluogo lombardo. Adesso i poliziotti guidati da Alessandro Giuliano dovranno ricostruire quel volo di una decina di metri. E dare un volto all’assassino o agli assassini di questo marocchino irregolare e con piccoli precedenti per furto o droga. Un criminale di bassa lega che insieme ad altri senza tetto aveva trasformato queste stanze piene di rifiuti e feci nella propria abitazione.
Per ora sul tavolo del pubblico ministero Grazia Pradella c’è un fascicolo aperto per omicidio volontario a carico di ignoti. Ma nei prossimi giorni l’autopsia potrebbe fare chiarezza su cosa sia avvenuto la scorsa notte. Per cercare di capirlo però bisogna partire proprio da una telefonata. Sono le 22 e 40 di domenica 5 ottobre. Un uomo con accento nordafricano chiama il 118. Dice che c’è una lite dentro l’edificio di via Adriano. Dice che glielo hanno riferito altre persone. Chiede di fare presto. Non dice altro. Non lascia nessuna generalità. Riattacca. I poliziotti arrivano sul posto. Siamo a pochi passi da via Padova. Lo scheletro fatiscente dello stabile che una volta ospitava una caserma della Guardia di Finanza e l’istituto professionale Achille Grandi è isolato. Di fronte c’è l’ex Magneti Marelli. Per il resto strade vuote. Nessuna anima in giro. Gli agenti entrano nel recinto. Si fanno largo tra le piante alte. Attraversano viottoli pieni di pattume, materassi e vetri di bottiglia. Setacciano il labirinto di palazzine che compongono il complesso. Non trovano nessuno degli altri occupanti. Vedono solo il cadavere del ragazzo con la testa aperta sulle scale che portano a un seminterrato, sul retro di un casermone di sei piani. Proprio sotto una delle tante finestre con i vetri infranti.
I rilievi all’interno dicono che ad abitare in quel rifugio di fortuna sono almeno cinque o sei persone. Nel frattempo svanite nel nulla. A raccontare la loro presenza sono i materassi e i pochi vestiti buttati nelle stanze, dove si fa fatica a entrare per via del tanfo. Anche una scarpa e una maglietta di Moustafa vengono trovati al secondo piano, da dove forse è volato giù. Sul posto arriva anche il pm di turno Pradella. Gli accertamenti che ha disposto per il momento dicono che sul corpo del 30enne ci sono segni di lotta. Bisognerà capire se la sua morte sia avvenuta dopo la lite di cui parlava l’anonimo, magari infiammata dall’alcol, o se c’è stata una lucida aggressione nei suoi confronti. Bisognerà capire chi e perché lo ha fatto. Per tirare le fila, la Mobile – coordinata dal procuratore aggiunto Alberto Nobili – dovrà per prima cosa rintracciare i fantasmi svaniti sotto la pioggia di quella notte. E che da tempo abitano in una delle tante strutture abbandonate del quartiere Adriano, nei quali i comitati cittadini sognano di vedere realizzato il progetto che in ballo da due anni: la costruzione di una scuola media.