Dopo il primo contagio in Europa, la protesta degli operatori sanitari iberici: "Non abbiamo ricevuto formazione adeguata". E chiedono le dimissioni del ministero della Sanità, Ana Mato. Bruxelles vuole sapere di più sulla falla del sistema sanitario che ha permesso al virus di arrivare nel vecchio continente
Dopo il primo caso di infezione di Ebola in Europa, infermieri e personale sanitario hanno manifestato davanti all’ospedale Carlo III di Madrid, denunciando di non aver ricevuto una formazione adeguata all’emergenza. Gli operatori sanitari iberici hanno chiesto anche le dimissioni del ministero della Sanità, Ana Mato. E mentre monta la protesta, in Spagna è caccia a quanti potrebbero essere stati contagiati dall’infermiera di 44 anni che ha contratto il virus curando il missionario spagnolo Manuel Garcìa Viejo, morto il 26 settembre all’ospedale Carlos III della capitale. A Madrid altre tre persone sono state messe in quarantena. Lo hanno reso noto funzionari spagnoli, spiegando che oltre alla donna sono stati posti in isolamento anche il marito (quello che più preoccupa i medici) e un uomo arrivato con un volo proveniente dalla Nigeria. Il quarto caso è quello di un’altra infermiera che faceva parte anch’essa dello staff medico che ha curato le due vittime spagnole di Ebola.
Gli infermieri: “Non abbiamo ricevuto formazione”
Personale sanitario e medici di Madrid chiedono spiegazioni sulle circostanze del contagio. Secondo i responsabili sindacali, i professionisti che hanno assistito i due missionari spagnoli deceduti per Ebola “non hanno ricevuto formazione adeguata per trattare questo tipo di pazienti”. La donna era precaria, inoltre, nonostante lavorasse da 15 anni al Carlo III. Sono quindi sotto accusa i protocolli adottati per il personale medico. Molta preoccupazione anche tra le infermiere del pronto soccorso che hanno accolto, senza precauzioni, la collega già contagiata. Il sindacato degli infermieri accusa il governo di “improvvisazione“, mentre quello dei dipendenti pubblici si chiede perché l’infermiera non sia stata ricoverata il 30 settembre quando ha manifestato i primi sintomi. La donna, scrive El Mundo, aveva infatti contattato il Servizio di prevenzione dei rischi sul lavoro per avvertire che aveva la febbre ma, dato che era sotto la soglia di 38,6, le è stato raccomandato solo di rimanere a casa.
Centro di allerta spagnolo: “Possibili errori umani o tecnici”
“Esiste la possibilità che qualcuna delle persone entrate in contatto con il primo paziente europeo si siano infettate”, ha riconosciuto il coordinatore del Centro di allerta ed emergenze del ministero della Sanità, Fernando Simon. Intanto, Bruxelles vuole sapere di più e chiede “chiarimenti” al governo spagnolo per individuare la falla nel sistema sanitario che ha permesso un contagio al di fuori dell’Africa.
Secondo il responsabile sanitario, “la possibilità di contagio è bassa, ma esiste e non possiamo escluderla”. Ed è per evitare ogni rischio che il Centro emergenze del ministero della Sanità sta compilando una lista delle persone entrate in contatto con l’infermiera per metterle in isolamento. Intanto, in Spagna si cerca di capire come sia stato possibile che l’infermiera sia stata contagiata. “I protocolli di prevenzione sono corretti perché identici ovunque – sottolinea Simon – tuttavia questo non significa che non ci siano stati errori“, ha aggiunto. “Rivedremo tutto” per riscontrare “eventuali errori umani o tecnici“, dato che “la priorità è garantire che i rischi associati a questo caso siano sotto controllo”.
Il caso dell’infermiera contagiata senza essere stata in Africa
L’ausiliare di infermeria, che è in condizioni stabili e con la febbre alta, faceva parte dell’equipe di sanitari che ha assistito Miguel Pajares, di 75 anni, e Manuel Garcia Viejo, di 69 anni, entrambi religiosi dell’ordine di San Juan de Dios, rimpatriati dopo aver contratto il virus in Sierra Leone. La donna, sposata e senza figli, dal 26 settembre – data della morte di Garcia Viejo – è andata in vacanza, conducendo una vita normale. Ma quattro giorno dopo ha iniziato ad avvertire febbre e distonia (un disturbo del movimento), e per questo è stata immediatamente messa in stato di isolamento. Rafael Perez-Santamarina, dirigente dell’ospedale La Paz Carlos III dove è ricoverata la donna, chiarisce che l’infermiera viene curata con un siero contenente anticorpi di persone sopravvissute alla malattia. Sulla natura del siero, El Pais svela che dovrebbe essere stato ricavato da suore sopravvissute.
Lorenzin: “Controlli a rischio con i tagli alla Sanità”
Mercoledì 8 ottobre si riunirà il comitato per la sicurezza sanitaria europea per discutere dell’emergenza. Per quanto riguarda un rischio di contagio nel vecchio continente, “i tagli lineari al servizio sanitario nazionale mettono a rischio anche i controlli per la sicurezza – sottolinea il ministro della Salute Beatrice Lorenzin – Questo è uno degli aspetti che dobbiamo preservare e per questo ho chiesto più fondi nella legge di stabilità”. Nella gestione dell’epidemia, due le criticità evidenziate dal ministro. “La prima è l’evacuazione dei cooperatori infetti”, perché “quasi nessun paese in Europa ha aerei adatti”. La seconda “è la tracciabilità degli spostamenti dei non infetti”. “È estremamente importante agire sul campo e realizzare strutture in grado di accogliere malati africani e europei in Africa. Per questo abbiamo chiesto un coordinamento delle attività e maggiore cooperazione”, conclude Lorenzin.