Il ministro Giannini ha ribadito che dal 2015 il test di ingresso alla facoltà di Medicina sarà abolito, sostituito da una selezione alla fine del primo anno. Il progetto del governo ha molti difetti. Meglio sarebbe affidarsi a una soluzione che parte dalla revisione dell’esame di maturità.
di Giacomo Calzolari, Enrico Cantoni e Andrea Ichino (Fonte: lavoce.info)
La proposta del governo
Per quel che si può capire dalle dichiarazioni apparse sui giornali, il governo intende consentire l’accesso libero alle scuole di Medicina e rimandare alla fine del primo anno la selezione di coloro che potranno proseguire gli studi, basandola sui crediti acquisiti durante il primo anno (presumibilmente, media dei voti e numero di esami superati).
La proposta mira a ovviare alla sensazione (finora non dimostrata statisticamente) che gli attuali test di ammissione siano una lotteria casuale e quindi non in grado di selezionare i migliori potenziali medici. Questo perché è basata sulla “performance di una sola mattina”; è misurata in termini di risposte a domande che solo in parte sembrano misurare le capacità di cui un medico ha veramente bisogno; prevede una possibilità di appello inefficiente per chi vuole ripetere il test l’anno successivo.
Tuttavia la proposta governativa di riforma presenta numerosi difetti che, a nostro avviso, superano quelli della procedura attuale di ammissione, recentemente migliorata in modo significativo con la predisposizione di un’unica classifica nazionale dei risultati, che evita le iniquità e le inefficienze delle precedenti classifiche per ateneo.
I difetti della proposta del governo
1) I corsi del primo anno di medicina saranno invasi da un numero enorme di studenti, tale da rendere difficoltosa l’attività didattica tradizionale, anche solo per un problema di spazi, e tale da richiedere necessariamente tecnologie di e-learning, tutte da disegnare con costi considerevoli.
2) Il libero accesso al primo anno di medicina provocherà un immediato calo di iscrizioni ai corsi di laurea affini (altre professioni sanitarie, biologia, chimica, eccetera) e forse anche a quelli meno affini. D’altro canto, gli insegnamenti del secondo anno di questi stessi corsi saranno invasi da studenti non ammessi a proseguire gli studi medici e alla ricerca di soluzioni di ripiego per non perdere l’investimento fatto. Anche se il Governo volesse coinvolgere gli altri corsi di laurea interessati nel complessivo ridisegno del primo anno, stravolgendone l’attuale specifica organizzazione, il numero complessivo di studenti aspiranti medici sarebbe verosimilmente molto maggiore dell’attuale capacità di accoglienza di tutti questi corsi di laurea messi assieme. A quel punto, meglio sarebbe ripensare per intero le procedure di ammissione a tutti i corsi universitari come da noi qui sotto proposto.
3) La diminuzione della qualità media degli studenti iscritti a medicina al primo anno e la congestione degli spazi educativi danneggerà gli studenti bravi e in grado di continuare, per i quali il primo anno universitario si ridurrà a essere solo un lungo e costoso modo per segnalare la loro qualità con benefici minimi in termini di capitale umano.
4) Anche la qualità media dei docenti del primo anno, che dovranno necessariamente aumentare, potrebbe diminuire peggiorando le conseguenze negative di cui ai punti precedenti.
5) Aumenterebbe, ovviamente, la quantità e qualità di informazioni su cui potrebbe basarsi la selezione degli studenti alla fine del primo anno (e questo è l’obiettivo cercato dalla proposta governativa), ma le informazioni andrebbero comunque raccolte e valutate a livello nazionale in modo standardizzato tra tutti gli atenei, e non dovrebbero dipendere dai voti e giudizi soggettivi dei professori di ciascun ateneo.
6) Questo perché:
– Supponiamo ad esempio che l’ateneo A attragga studenti migliori di quelli attratti dall’ateneo B. Potrebbe allora accadere che restino esclusi studenti bravi, ma non abbastanza per essere ammessi in A, pur essendo comunque migliori degli ammessi nell’ateneo B.
– Ciò creerebbe comportamenti strategici da parte degli studenti riguardo a dove frequentare il primo anno; questi comportamenti sarebbero difficili da prevedere, probabilmente non efficienti e con conseguenze inique per gli studenti.
7) Quindi, sarebbe comunque necessario, alla fine del primo anno, un test standardizzato nazionale che soffrirebbe sostanzialmente degli stessi problemi di quello attuale, senza particolari benefici; il primo anno di studi in Medicina diventerebbe a tutti gli effetti un inutile sesto anno di liceo con scarsi vantaggi. Meglio allora basare la selezione sulle informazioni fornite dagli studi nella scuola superiore come accade nel resto del mondo, con le modalità che indichiamo più avanti in questo articolo.
8) La proposta del governo si ispira al metodo di selezione degli studenti di medicina nelle università pubbliche francesi. Oltre a presentare serie difficoltà ed elevati costi di attuazione, questo modello ha sollevato dubbi proprio in Francia. In particolare, Segouin e i suoi coautori osservano che:
– Il 70 per cento degli studenti francesi che alla fine del processo risultano ammessi alla facoltà di Medicina, riesce solo al secondo tentativo e, cioè, dopo aver frequentato il primo anno propedeutico due volte.
– Il processo di selezione è costoso da amministrare e cambia solo marginalmente il campione di studenti che verrebbero ammessi se la selezione avvenisse sulla base dell’esito del Baccalaureate.
Lineamenti di una soluzione preferibile
La scuola superiore offre cinque anni di informazioni analoghe a quelle che sarebbero raccolte nel primo anno di studi con accesso libero alla facoltà di Medicina previsto dalla proposta governativa. Meglio ancora sarebbe se nei cinque anni i nostri studenti non dovessero essere costretti a scegliere tra pacchetti di materie (classico, scientifico e così via) come in un ristorante a menù fisso e potessero invece costruire gradualmente, à la carte, itinerari formativi diversificati a seconda delle loro doti e delle prospettive lavorative a cui aspirano, tra i quali, in particolare, itinerari miranti a studi medici. Ma anche nelle condizioni attuali, il problema delle ammissioni agli studi universitari sarebbe risolto in modo semplice e naturale se:
a) L’attuale esame di maturità fosse sostituito da un esame standardizzato nazionale diverso per ciascuna materia e unico per tutti gli studenti che desiderino sostenerlo in quella specifica materia, indipendentemente dagli studi fatti. Ad esempio lo studente X, interessato a studiare medicina, proveniente dalla scuola K (quale che essa sia) potrebbe decidere di sostenere gli esami nelle materie obbligatorie di italiano, inglese, matematica, storia, e nelle materie facoltative di fisica, chimica e biologia.
b) Gli esami dovrebbero misurare, ad esempio su una scala da 1 a 100, il livello di conoscenze e di capacità di ciascuno studente nelle materie da lui/lei scelte, oltre a quelle obbligatorie;
c) Gli studenti dovrebbero poter sostenere l’esame anche più volte in date successive (come ad esempio per il Graduate Record Examination o il Toefl, necessari per l’ammissione ai dottorati internazionali) e non necessariamente solo dopo la conclusione dell’ultimo anno di studi scolastici (in modo da evitare che “tutto si decida in una mattina”). Disegnando in modo appropriato il calendario scolastico si garantirebbe sia il normale periodo di studio e apprendimento durante l’ultimo anno di scuola, che il tempo per sostenere i test.
d) L’ultimo risultato (oppure il migliore conseguito, oppure ancora la media dei risultati conseguiti) costituirebbe la misura delle capacità dello studente in quella specifica materia.
e) Ogni ateneo (non solo per gli studi medici, ma anche per quelli in altre aree) stabilirebbe l’elenco di materie nelle quali uno studente dovrebbe sostenere l’esame e il punteggio minimo richiesto, materia per materia. Ad esempio la facoltà di medicina H potrebbe richiedere: italiano, inglese, con punteggi superiori all’80 e matematica, biologia, chimica e fisica con punteggi superiori al 90.
f) Gli studenti che dovessero risultare ammessi in più di un ateneo, potrebbero scegliere quello preferito.
g) In caso di eccesso di candidati ammissibili in un ateneo, dati i posti disponibili, i migliori verrebbero selezionati e gli altri si sposterebbero secondo le loro preferenze in ordine decrescente.
h) La procedura potrebbe svolgersi durante l’ultimo anno scolastico in modo che i tempi siano sufficienti per completare il meccanismo di allocazione degli studenti agli atenei.
Questa proposta non è fantascienza. Procedure simili sono utilizzate in paesi come Regno Unito, Spagna, Usa, Israele e molti altri. E risolve i problemi della situazione attuale senza spreco di risorse.
Un vantaggio importante derivante dall’associare la procedura di ammissione alla performance scolastica (e non a quella del primo anno di università come nella proposta governativa) è la possibilità di intercettare studenti capaci e meritevoli che, per vincoli di bilancio familiari o altre ragioni socio-culturali, non continuerebbero gli studi oltre il liceo. Con una selezione basata sulla performance scolastica questi ragazzi potrebbero scoprire in tempo di essere all’altezza degli studi universitari, prima di rinunciarvi per un ingiustificato timore, ed essere quindi aiutati finanziariamente in modo adeguato. Sotto questo profilo, la procedura di ammissione da noi qui proposta è non solo più efficiente ma anche più equa e in grado di favorire la mobilità sociale.