“Per favore, se mi succede qualcosa, e lo dico veramente sul serio, che nessuno guardi al Medio Oriente. Guardate al Nord (Usa, ndr), per favore”. E’ il grido di allarme lanciato il 1 ottobre scorso dal presidente dell’Argentina, Cristina Kirchner in un suo discorso tenuto presso Casa Rosada, la residenza presidenziale. La durissima accusa lanciata dalla donna, che ha raccolto le redini dello stato sudamericano nel 2007 dopo la morte del marito, Nestor Kirchner, è rivolta agli Stati Uniti e a svariati circoli finanziari argentini, tacciati di organizzare un complotto per rovesciare il suo governo e per eliminarla fisicamente. Già la settimana prima, il presidente argentino aveva partecipato all’Assemblea Generale dell’Onu, a New York. E aveva avvertito: “Non vengano da noi a creare la storiella dell’Isis che cerca di uccidermi”. Da Casa Rosada ha ribadito: “Spero di sbagliarmi, ma ho l’impressione che si voglia rovesciare il governo e che vogliano farlo con aiuti dall’estero“. Nel suo intervento, la Kirchner si è soffermata a lungo sulla situazione finanziaria del suo Paese e sui cosiddetti “fondi avvoltoio”. Si tratta di fondi finanziari speculativi che hanno innescato una feroce battaglia giuridica negli Usa contro il governo argentino, pretendendo il rimborso del 100% sul debito contratto, che ammonta a circa 1,3miliardi di dollari. Il presidente dell’Argentina, però, ha puntualizzato che “il vero problema non è il denaro degli ‘holdouts'”, ovvero i creditori “ribelli” che non hanno accettato nessuna delle due ristrutturazioni del debito argentino nel 2005 e nel 2010. “Il reale problema” – ha precisato – “è che loro (gli Stati Uniti, ndr) vogliono sgretolare la ristrutturazione del nostro debito, vogliono un ritorno al passato, quando l’Argentina era in ginocchio e supplicava prestiti a tassi esorbitanti. E se per fare ciò devono passare sopra la sovranità e le norme di diritto internazionale, loro non hanno alcun problema: distruggono tutto come fanno ovunque nel mondo“. Il riferimento chiaro è alla sentenza emessa dal 2012 dal giudice di New York Thomas Griesa, diventata pochi mesi fa esecutiva, che ha dato ragione ai fondi avvoltoi. L’Argentina rischia così un nuovo default a distanza di appena 14 anni dall’ultimo blackout finanziario. Ma la partita è ancora aperta, perché il Congresso ha recentemente approvato la “Ley de Pago Soberano de Deuda” (legge per il pagamento del debito sovrano, ndr) che ha permesso alla Kirchner di far partire i pagamenti in scadenza e bypassare il blocco decretato dal giudice Griesa. Il presidente argentino ha garantito che saranno pagati tutti i debiti, sia dei creditori ristrutturati sia di quelli “ribelli”, con tempi e “condizioni legittime, legali e sostenibili” di Gianfo Franchi