Cronaca

Concordia, De Falco in Senato: “Quella sera plateali disapprovazioni di un superiore”

L'ufficiale della Guardia costiera di Livorno: "Il mio linguaggio non fu accettato. E il trasferimento è solo il punto di arrivo di una lunga vessazione". Il comandante delle Capitanerie: "Gli incarichi non possono essere mantenuti sine die, l'amministrazione non può accordare a un singolo ciò che nega ad altri in pari condizioni"

Una “vessazione” iniziata forse già durante i soccorsi della vicenda della Costa Concordia soprattutto attraverso “plateali disapprovazioni da parte di un superiore” proprio per il linguaggio deciso utilizzato quella sera. E’ quanto ha raccontato in commissione Lavori pubblici al Senato il capitano di fregata Gregorio De Falco, ex capo della sala operativa della Capitaneria di porto di Livorno. L’audizione è stata chiesta da alcuni senatori, quando lo stesso ufficiale della guardia costiera aveva annunciato il suo trasferimento a compiti amministrativi. “Questo trasferimento è il punto d’arrivo di un percorso che assume la connotazione di vessazione – ha confermato De Falco – Questo non è un avvicendamento, è una sostituzione con destituzione“. 

Non fa mai il nome dell’ufficiale, ma il riferimento è all’ex comandante della Capitaneria Ilarione Dell’Anna, allora direttore marittimo regionale, cioè il capo della guardia costiera in Toscana. “Il disprezzo del direttore marittimo si è espresso nel disappunto plateale intorno alle 1,46 della notte in sala operativa. Ma questo comportamento non è stato isolato. Motivi per cui ritengo che il provvedimento sia il punto di arrivo di un percorso. L’ufficio a cui sono stato destinato, nonostante l’altisonanza, è la segreteria ammiraglio. L’ho fatto da giovane a Mazara del Vallo”. A domanda dei senatori De Falco ha precisato meglio: “Dopo il gesto di disapprovazione ci fu un silenzio per tre giorni. Dalla mattina del 14 fino al 17 non mi parlò. Tutto è cominciato quando ho chiuso la comunicazione con Schettino dove lo esorto a risalire a bordo. In quel momento il direttore marittimo allargó le braccia e fece espressione disgustata. Io mi scusai e risposi che: ‘Quando ci vuole ci vuole’. Il 17 mi convoca e mi dice che se fosse stato Schettino, mi avrebbe mandata a quel paese”. De Falco ha aggiunto che non vuole giudicare l’episodio: “Io non giudico, osservo. E alla fine si verifica questo provvedimento”. 

Per De Falco appare quasi una definizione: il nuovo incarico, ha spiegato, il suo apporto “non ha più alcuna valenza”. Lascerà le Capitanerie? “Valuto qualunque ipotesi – ha risposto – al momento è astratta ma può trovare concretezza nel momento in cui questo lavoro per me non dovesse avere più alcun significato”. L’ufficiale della guardia costiera racconta come dopo la vicenda del naufragio dell’isola del Giglio del 13 gennaio 2012 ci sono state “disapprovazioni da parte di un mio superiore”. 

Quella notte “fu un soccorso difficilissimo, mai affrontato prima” e in quell’occasione “la pubblica amministrazione ha dimostrato di essere pronta ed efficiente” ha ribadito per l’ennesima volta De Falco. Dopo quella notte “sono stato sottoposto ad una pressione mediatica enorme, alla quale ho sempre cercato di sottrarmi”. E ora “dopo 20 anni di servizio, essere pagato per nulla non mi va. La cosa non mi fa certo piacere, ma non è una questione personale. In un incarico come quello che mi hanno dato non c’è alcuna responsabilità diretta”. 

Nella stessa seduta della commissione è intervenuto anche il comandante generale delle Capitanerie, Felicio Angrisano, che ha ribadito come quello di De Falco sia stato un “avvicendamento ordinario e fisiologico”. Angrisano ha sottolineato che “gli incarichi non possono essere mantenuti sine die e l’amministrazione non può accordare ad un singolo ciò che nega ad altri in pari condizioni. Può essere un’amministrazione prigioniera della notorietà di un singolo? Il Corpo non può essere prigioniero dei singoli”. Nel suo intervento il comandante delle Capitanerie ha ribadito più volte che quello di De Falco, come avviene per tutti gli altri ufficiali, è stato un trasferimento “nel solco dell’ordinarietà e in piena sintonia con quei fattori che inducono l’amministrazione a prendere tali determinazioni”, quali la funzionalità e l’efficienza del Corpo, l’equilibrata distribuzione degli uffici e degli incarichi, il soddisfacimento delle esigenze del personale. Angrisano ha poi ricordato che è stato lo stesso De Falco ha chiedere di rimanere a Livorno e che, “dal 2000, ogni sua volontà è stata esaudita ininterrottamente”. Tra l’altro, sia a fine giugno sia ad inizio luglio, Angrisano ha incontrato De Falco “senza che emergessero particolari esigenze”. “Mi addolora – ha proseguito Angrisano – che il comandante De Falco è ricorso alla stampa e mai, mai, ha offerto le sue doglianze ai suoi superiori, pur consapevole dei doveri a cui il suo status di militare lo impegna”.