Sfogliando i giornali stamattina mi imbatto in una lettera (nella pagina di Corrado Augias su Repubblica, firmata ma senza riportare il nome, probabilmente su richiesta dell’interessata, come si fa in questi casi). L’hanno intitolata: “Io, prof tra le mamme che difendono i figli”. Copio qui il testo della lettera perché quanto è successo (se è realmente accaduto in queste modalità) ha dell’incredibile.
“Insegno lettere in una scuola media e, durante l’estate, ho assegnato ai miei alunni il compito di leggere tre libri a piacere e di stendere una relazione. Correggendo i lavori, scopro che uno ha copiato per intero da Wikipedia (riuscendo a commettere errori di ortografia). Rimprovero in modo pacato l’alunno, spiegando che, se sperava di prendere in giro la professoressa e i compagni che hanno lavorato seriamente, ha in realtà preso in giro se stesso privandosi dell’opportunità di leggere e scrivere (in classe o all’esame non ci sarà Internet). Colgo l’occasione per spiegare proprietà intellettuale e plagio. Lo ‘scansafatiche’ smascherato chiama la madre che si precipita a scuola minacciando denunce a mio carico per aver inflitto una frustrazione al figlio. La mamma non spende una parola sui compiti copiati. L’alunno, sicuro nella sua impunità, rientra in classe baldanzoso di fronte ai compagni e trascorre la lezione distraendosi e disturbando. Quale il messaggio educativo?”
Cara Professoressa anonima,
mi spiace molto, ma la colpa di quanto è successo è solo sua.
Se un genitore si permette di trattare un docente in questo modo, il problema è del docente, non del genitore. Il messaggio educativo lo deve dare lei.
Lei è l’insegnante, lei scopre che il ragazzo ha copiato, lei ha il dovere, oltre che il diritto di punirlo, di fargli rifare il compito e di dargli un brutto voto.
Lei, almeno da quanto scrive, non ha minacciato, né percosso, né usato maniere brusche contro il ragazzo. Quindi lei sta svolgendo il suo dovere di insegnante e di educatrice nei limiti della sua funzione. Se la madre si precipita per difendere il figlio lei ha il dovere, oltre che il diritto, di ignorarla e di ignorare improbabili quanto assurde minacce di denuncia.
Se un docente teme una denuncia per aver stigmatizzato un comportamento scorretto è finita. Lei ha messo a rischio la sua credibilità e ha minato la sua funzione di educatrice. Il suo messaggio educativo è questo: sono dalla parte del giusto, ma ho paura e cedo di fronte a una minaccia.
No, cara professoressa. Lei non sa fare il suo mestiere. Lei non può cedere a un ricatto del genere e se il ragazzo fa lo strafottente lo porta dal preside e prende ulteriori provvedimenti.
Se lei, che è la professoressa, non è capace di far arrivare questo semplice messaggio, cambi mestiere e lasci la scuola in mano a persone che sono capaci di educare i nostri figli.
Di bamboccioni, mammoni, raccomandati, bulletti e frignoni ce ne sono fin troppi in giro, senza bisogno di sfornarne una nuova generazione.