I jihadisti continuano ad avanzare, nonostante l’intensificarsi dei bombardamenti Usa nel nord della Siria, nei pressi di Kobane, la città al confine con la Turchia assediata dai miliziani fedeli all’autoproclamato califfo, Abu Bakr al-Baghdadi. “L’Isis avanza verso il nord della città” e si appresta a conquistarla definitivamente, scrive il New York Times citando un ufficiale curdo sul posto. Non sono bastati, quindi i 14 bombardamenti americani nella sola giornata di oggi, 9 in Siria e 5 in Iraq, di cui 6 solo nelle zone vicine a Kobane. Nuovi “scontri”, intanto, tra il governo americano e il Pentagono: nella giornata di mercoledì, il portavoce del Pentagono, ammiraglio John Kirby, ha detto che i raid Usa non salveranno Kobane, andando così contro alla volontà di Barack Obama che ha più volte ripetuto “no troops on the ground”, niente truppe sul campo. Ad appesantire il clima è arrivata anche la smentita delle dichiarazioni di John Kerry da parte del Dipartimento della Difesa americano: il Segretario di Stato aveva aperto alla realizzazione di una zona cuscinetto al confine tra Siria e Turchia, come aveva chiesto il governo di Ankara, ma dal pentagono fanno sapere che non è nei piani militari.
14 raid, ma i jihadisti guadagnano terreno.
La coalizione internazionale guidata dagli Usa ha lanciato nuovi raid sulle postazioni dello Stato islamico (ex Isil) vicino alla città assediata di Kobane, in Siria, colpendo anche la colline su cui era stata issata la bandiera nera dello Stato Islamico. L’Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus) parla di almeno 40 jihadisti morti e di una prima linea del califfato costretta ad arretrare. Questo secondo dato, però, è stato smentito, in serata, da un ufficiale curdo che, intervistato dal New York Times, parla di un’esercito jihadista che si appresta a conquistare anche la parte nord della città. In città è possibile sentire colpi di arma da fuoco, segno di nuovi scontri. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, i combattimenti si stanno concentrando soprattutto nel quartiere di Kani Arban.
Usa: “Turchia inventa scuse per non intervenire”
Secondo il New York Times, cresce la frustrazione degli Stati Uniti verso la Turchia, accusata di inventare scuse per non intervenire contro gli jihadisti. Ankara indugia a intervenire per scongiurare un massacro a meno di un miglio dal proprio confine – ha detto un alto funzionario dell’amministrazione – dopo tutte le denunce sulla catastrofe umanitaria in Siria, si stanno inventando scuse per non agire per scongiurare un’altra catastrofe. Nelle ultime 72 ore il segretario di Stato Usa John Kerry ha avuto numerosi contatti telefonici con il premier turco Ahmet Davutoglu e il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu. E domani e’ atteso ad Ankara il generale in pensione John Allen, nominato da Obama inviato speciale Usa per la coalizione anti-Isis.
Pentagono: “Raid non salveranno Kobane”
“Stiamo facendo tutto ciò possiamo” per fermare l’Isis, ma i raid aerei degli Usa e degli alleati da soli non riusciranno “a salvare” la città curda di Kobane. Lo ha affermato il portavoce del Pentagono, ammiraglio John Kirby, rispondendo ad una domanda di un giornalista. Dichiarazioni che mostrano l’ennesima divergenza di opinioni tra il governo Obama e il Dipartimento della Difesa americano. Se dalla Casa Bianca ribadiscono l’impossibilità di inviare soldati per un’invasione di terra, il Pentagono ritiene l’intervento necessario per poter arginare e sconfiggere i miliziani in nero. Divergenze anche sulla possibilità di creare una “zona cuscinetto”, con il Segretario di stato, John Kerry, che apre allo studio di qualsiasi possibilità, mentre il Pentagono smentisce che si sia mai discusso di una fascia di terreno tra la prima linea jihadista e quella turca.
Anche il Canada parteciperà ai raid
Intanto si allarga la coalizione internazionale. Il Canada si unirà agli Usa e ad altri alleati nei raid aerei contro l’Isis in Iraq e Siria. Il parlamento ha infatti approvato con una stretta maggioranza la mozione del governo di Stephen Harper. Il premier ha comunque ribadito che il Canada non invierà truppe in missione di combattimento sul terreno.