Una maschera in silicone per garantirsi la fuga. Antonino Messicati Vitale, il presunto boss di Villabate (Palermo), è stato fermato oggi dai carabinieri. Gli investigatori seguivano passo passo i movimenti dell’indagato, che ha sempre amato la bella vita e che i carabinieri bloccarono nel dicembre 2012 a Bali, in Indonesia, dove aveva trovato rifugio poco prima di essere colpito da un’ordinanza di custodia cautelare. Poi erano scaduti i termini e il presunto capomafia era tornato un uomo libero. Messicati Vitale aveva solo l’obbligo di dimora a Palermo, per il quale tra l’altro aveva fatto ricorso chiedendo il trasferimento a Portella di Mare, frazione di Misilmeri. Il provvedimento di fermo, disposto dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, ipotizza i reati di associazione mafiosa ed estorsione.
Messicati Vitale si era dato alla latitanza qualche mese prima dell’aprile 2012, quando con l’operazione Sisma scattarono una serie di arresti nei confronti di appartenenti al mandamento mafioso di Misilmeri – Belmonte Mezzagno. Fu poi rintracciato il 7 dicembre 2012 in un villaggio turistico di Bali, grazie alla collaborazione dell’Interpol. Un anno dopo estradato in Italia e sottoposto all’obbligo di dimora nel comune di Ficarazzi (Palermo.
Il fermo è motivato dagli inquirenti dalla “sua perdurante appartenenza a Cosa nostra, quale reggente della famiglia mafiosa di Villabate, e al pericolo di fuga”. E per gli investigatori è responsabile di un tentativo di estorsione in danno di un commerciante di carni della zona. Per i pm lo spessore del presunto boss è confermato da alcuni collaboratori di giustizia come Stefano Lo Verso, ex autista di Bernardo Provenzano, e Sergio Flamia. Nel 2011 Lo Verso dichiarava: “Nel 2010 durante la detenzione con Comparetto, dallo stesso ho appreso che ‘a Villabate si muoveva Tonino Messicati che era uscito da poco dal carcere e Tonino è un tipo che per il quale andare ad uccidere una persona è come comprare un pacchetto di sigarette…”. Successivamente Flamia, pentito del clan di Bagheria (alcun suoi verbali sono confluiti nell’inchiesta sul protocollo Farfalla, ndr), ha definito Messicati Vitale “il vero capo del mandamento di Bagheria, un uomo d’onore della famiglia di Villabate molto influente e potente, addirittura sovraordinato a Zarcone Antonino”. Dichiarazioni che, per gli inquirenti, trovano conferme in quanto dichiarato dall’ultimo pentito del clan di Bagheria, Antonino Zarcone: “È uomo d’onore di Villabate. Dopo l’arresto di Giovanni D’Agati ha preso in mano la direzione della locale famiglia e ha anche favorito la latitanza di Gianni Nicchi”, sostiene il pentito, che aggiunge: “Nel 2011 io sono stato affiliato nella famiglia di Villabate anche se dovevo fare parte della famiglia di Bagheria, alla presenza dei fratelli Messicati Vitale, Tonino e Fabio, e Lauricella. Io, Gino Di Salvo e Tonino Vitale avevamo un ruolo direttivo nel mandamento di Bagheria; Nicola Greco era all’oscuro della nostra affiliazione”.