Problema: come si fa a togliere dal groppone dei costruttori le migliaia di nuove abitazioni che hanno tirato su negli scorsi anni (dando vita a veri e propri quartieri fantasma) e che da oltre tre anni non riescono a vendere a causa della crisi immobiliare e della stretta sul credito ovvero il credit crunchSvolgimento: si inserisce nel decreto legge 133/2014 (il cosiddetto Sblocca Italia) un incentivo fiscale che sembra pensato solo per gli italiani che decidono di comprare casa per poi affittarla entro 6 mesi. Ma che nei fatti, invece, dovrebbe riuscire a risolvere proprio il dramma di aver fatto costruire troppo, per poi non riuscire a far smaltire lo stock ai costruttori. Sui quali, è bene ricordarlo, resta in capo il pagamento delle tasse fino a quando non riescono a sbarazzarsi dell’invenduto.

È con l’attuazione dell’articolo 21 dello Sblocca Italia che il governo risolverà il problema. La normativa in questione è molto chiara: si prevede una deduzione Irpef sull’acquisto di immobili, nuovi o ristrutturati, da imprese di costruzione o ristrutturazione, da cooperative edilizie o dalle ditte che hanno effettuato gli interventi edilizi da destinare all’affitto a canone concordato per almeno otto anniLa norma riguarda gli acquisti effettuati dal primo gennaio 2014 al 31 gennaio 2017 e garantisce un bonus dall’imponibile pari al 20% del prezzo (in modo così da abbassare poi le tasse durante la compilazione della dichiarazione dei redditi) risultante dall’atto di compravendita oppure calcolato sull’ammontare complessivo delle spese di realizzazione con un tetto massimo di 300mila euro (per una deduzione massima, quindi, di 60.000 euro). Un importo che, tuttavia, dovrà essere spalmato in quote uguali per un periodo di 8 anni (7.500 euro).

Ma è nelle condizioni molto circoscritte che sono state imposte per rientrare nell’agevolazione che si comincia a capire come mai la normativa, più che far tornare agli italiani la voglia del mattone nonostante le porte delle banche restino ancora abbastanza chiuse, rappresenti invece uno stimolo per l’edilizia. Per poter ottenere il bonus, infatti, l’immobile che si deve acquistare non solo deve rientrate nella categoria catastale A (con esclusione di A8, A9 e A1 – ville e case storiche o signorili), ma deve anche avere una classe energetica A o B (quindi di nuova costruzione). Quindi, dal bonus restano escluse la maggior parte delle case messe in vendita dai privati a causa della mancanza del requisito dell’attestazione energetica, visto che in Italia solo dal 2006 è stato introdotto l’obbligo dell’efficienza sul rendimento energetico dell’edilizia. Una classe alta che hanno, invece, proprio tutti i nuovi appartamenti dei costruttori. Così come ha spiegato la Federazione degli agenti immobliari (Fiaip), secondo cui “sarebbe stato diverso se la misura fosse stata estesa all’immenso stock di invenduto”.

Eppure al mercato tanto servirebbe uno stimolo per invertire la tendenza. I numeri sono da profondo rosso: secondo Bankitalia, tra il primo trimestre del 2008 e il secondo del 2014 l’attività nelle costruzioni ha cumulato una perdita del 30%, pari all’1,5% del Pil. Mentre, dopo la ripresa registrata nei primi tre mesi del 2014, Crif ha certificato che nel secondo trimestre è stato segnato un nuovo calo delle compravendite del 3,6% rispetto allo stesso periodo del 2013. Del resto acquistare casa è operazione assai complicata se le banche non hanno ancora ripreso a concedere mutui. Limite certificato dal Crif, secondo cui nei primi 6 mesi del 2014 le uniche operazioni che si sono registrate per i prestiti per la casa sono quelle di surroga, cioè il passaggio del mutuo da un istituto a un altro che offre tassi più convenienti. Tanto che i nuovi contratti sono raddoppiati in un anno, passando dal 10% del totale nel primo semestre 2013 all’attuale 20 per cento.

La voglia di mattone da parte degli italiani, però, continua ad esserci. E questo la politica lo sa bene. Tanto che, grazie all’enorme numero di famiglie che vive nelle case di proprietà, lo Stato riesce sempre a garantirsi un tesoro: negli ultimi tre anni, si è arrivati a un prelievo Imu+Tasi stimato in circa 26 miliardi di euro, con la pressione fiscale cresciuta del 200% sulla casa, così come ha denunciato la stessa Associazione nazionale costruttori edili (Ance). Numeri che portano a un’ulteriore riflessione: prevedendo l’incentivo fiscale a favore dei contribuenti che acquistano una casa da affittare a canone più basso di quello di mercato, la politica sta riuscendo anche nel tentativo di prendere due piccioni con una fava, spingendo le famiglie a investire sul mattone e, quindi, a generare nuovo gettito proveniente dalle tasse sulle case. Va, infatti, sottolineato, che in questo caso gli acquirenti non potrebbero usufruire delle altre detrazioni previste per l’acquisto sulla prima casa, visto che l’immobile deve essere subito messo in affitto. I neo proprietari si ritroveranno così a pagare aliquote più alte soprattutto con l’Imu e la Tasi. E il mattone assomiglia sempre più a un bancomat.

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