Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, torna alla carica contro deroghe ed eccezioni alle norme sugli appalti pubblici. “È assolutamente essenziale la scelta di un nuovo Codice degli appalti, ma deve portare a un patto d’onore, ovvero che dal giorno dopo non ci siano più deroghe“, ha ribadito, durante un convegno sulle infrastrutture, il magistrato che fino al 2007 ha fatto parte della Direzione distrettuale antimafia di Napoli e da marzo guida l’organo incaricato di valutare la trasparenza e l’integrità dell’amministrazione pubblica. “Lo stesso Codice deve contenere i casi di deroga, eventualmente aumentandone le fattispecie”, ha aggiunto. L’importante è che i meccanismi che le giustificano, in genere invocando l’urgenza, siano “meglio codificati”.
Forse “si può ampliare la possibilità che si utilizzino sistemi di urgenza”, ha ammesso Cantone,“ma se un Codice viene emendato e il giorno dopo si riprocede con le deroghe non va bene”. D’altronde da mesi il magistrato, che mercoledì si è scagliato contro i “colletti bianchi” corrotti con una dura provocazione (ha detto di “avere più rispetto per i Casalesi”, perché “li guardi negli occhi e sai che sono tuoi nemici, mentre non puoi dire lo stesso degli altri”), denuncia come le attuali norme sulle grandi opere siano “inadeguate” e lascino aperti ampi varchi in cui si insinua il malaffare. Come nel caso della cupola dell’Expo e del “sistema” Mose.
La richiesta di Cantone arriva tra l’altro nel giorno in cui il presidente dell’Anci, Piero Fassino, gli ha inviato una lettera in cui chiede di fatto un ammorbidimento dei controlli denunciando come le nuove procedure che i Comuni devono seguire per controllare i requisiti delle imprese a cui affidano appalti stiano in alcuni casi bloccando i lavori. “Si sta concretizzando il rischio che lo strumento informatico ‘AvCpass”, invece di costituire un valido supporto per tutte le stazioni appaltanti, rallenti l’attività dei Comuni e delle imprese”, scrive il sindaco di Torino. Che chiede al presidente Anac di “porre rimedio alle criticità e consentire un effettivo snellimento e una velocizzazione delle procedure amministrative che i Comuni sono chiamati a svolgere”. Infatti “numerosi Comuni continuano a lamentare il fatto che il sistema non garantisca celerità di gestione delle informazioni. La questione particolarmente critica è che i Comuni, dopo aver esperito gare d’appalto, riscontrano difficoltà operative legate al sistema che impediscono di fatto l’aggiudicazione, poiché non consentono di procedere alla verifica dei requisiti”. Il che, conclude Fassino, determina “conseguenze gravi quali, a mero titolo esemplificativo, il mancato inizio di lavori di miglioramento sismico di plessi scolastici”.
Intanto, però, dall’indagine conoscitiva dell’Autorità Anticorruzione e del commissario alla Revisione della Spesa Carlo Cottarelli sono emerse “gravi situazioni di morosità da parte di soggetti pubblici“, nonché “numerosi casi di affidamenti diretti, in apparente assenza delle necessarie condizioni di legge, di proroghe di precedenti forniture e ripetizioni di servizi analoghi in mancanza dei relativi presupposti”. Lo ha fatto sapere la stessa Anac che annuncia come “su tutte le risultanze saranno effettuati ulteriori accertamenti anche sulla veridicità dei dati indicati”. L’indagine ha, in particolare, riguardato affidamenti autonomamente disposti dalle amministrazioni dello Stato, da altre amministrazioni, enti e società pubbliche, nonché da enti del servizio sanitario nazionale, per importi pari o superiori alle soglie comunitarie, relativamente a categorie merceologiche (energia elettrica, gas, carburanti rete e carburanti extra-rete, combustibili per riscaldamento, telefonia fissa e telefonia mobile) per le quali si sarebbe dovuto fare ricorso obbligatoriamente all’acquisto centralizzato mediante Convenzioni Consip o Centrale d’acquisto regionale.
Nella maggior parte dei casi esaminati nell’indagine le amministrazioni, gli enti e le società pubbliche, diverse dalle amministrazioni statali, destinatarie delle richieste istruttorie, hanno giustificato l’affidamento in deroga, con contratti a condizioni economicamente più vantaggiose rispetto a quelle indicate in convenzione. Nel dettaglio, si è evidenziata una generale convenienza sia in termini di ribasso sui prezzi in convenzione sia, in alcuni casi, in termini di migliori condizioni contrattuali. Ma per il 10% circa dei casi esaminati si rendono, invece, necessari ulteriori approfondimenti istruttori, non avendo la stazione appaltante giustificato l’affidamento autonomo in termini di condizioni economiche migliorative.
Quanto agli enti del Servizio sanitario nazionale, nel 70% l’affidamento autonomamente disposto è stato giustificato con l’impossibilità di aderire alla convenzione per mancanza del prodotto o per inidoneità della convenzione medesima a soddisfare le proprie specifiche esigenze funzionali. Nel restante 30% la mancata adesione è stata giustificata da asseriti risparmi di spesa che, in quanto non consentiti dalla relativa disciplina normativa, risultano suscettibili di un ulteriore approfondimento istruttorio. Per quanto concerne, infine, le amministrazioni statali centrali e periferiche, nel 70% dei casi la mancata adesione è dipesa dall’assenza del prodotto in convenzione o comunque dalla non conformità delle condizioni previste alle specifiche esigenze della stazione appaltante. Il restante 30% degli interventi esaminati risulta, invece, suscettibile di un ulteriore approfondimento istruttorio.