Lo scorso 19 settembre nove studenti del Via University College, la terza Università danese in termini di grandezza, provenienti da sei diversi paesi dell’Unione Europea, hanno inaugurato una piccola casa costruita interamente con prodotti naturali e materiali riciclati, e completamente indipendente dalle forniture urbane di acqua ed elettricità.
Hanno lavorato per due anni e mezzo al progetto, che si chiama Building Tomorrow. E lo hanno fatto senza avere la benché minima esperienza pratica nel campo delle costruzioni. Studenti di ingegneria, di architettura, di management e di marketing. Accomunati da un’idea semplice. Costruire un edificio tecnologico riducendo al minimo possibile l’impatto sull’ambiente, sia nella fase di realizzazione che in quella di utilizzo domestico.
E ci sono riusciti. La piccola abitazione è stata realizzata con prodotti di scarto come pneumatici (quasi 800), bottiglie e lattine. Ed ora è in grado di autoprodurre corrente elettrica, acqua potabile e riscaldamento. Un modulo fotovoltaico e una turbina eolica assicurano la produzione di energia. Alcuni sensori installati nelle pareti e sul tetto, e connessi a un computer centrale, permettono di gestire in maniera efficiente la temperatura interna e il consumo di energia. Quindi la casa è quasi completamente indipendente dall’ambiente circostante. Una sorta di piccola isola tecnologica. Costruita grazie ai finanziamenti di cinquanta aziende private e alla collaborazione di oltre cento volontari che hanno gratuitamente offerto il proprio lavoro manuale.
Il punto debole del progetto sono i costi. Il budget iniziale di 60.000 corone danesi (circa 8.000 euro) si è rivelato subito insufficiente. E in due anni e mezzo si è accumulata una spesa di un milione di corone danesi (circa 130.000 euro). Come è stato ammesso dagli stessi fondatori di Building Tomorrow questa spesa eccessiva va in parte ricondotta alla poca esperienza dei ragazzi e al fatto che si trattasse di un progetto pilota. Una seconda ragione è invece la grande attenzione che è stata riservata al design, estremamente sofisticato nella versione finale dell’abitazione.
L’esperimento edilizio portato a termine pochi giorni fa ha suscitato parecchio interesse. Da una parte ci sono le aziende private interessate soprattutto alla gestione dei materiali di scarto e alla sostenibilità energetica. Dall’altra c’è chi invece vede in Building Tomorrow una sorta di prototipo abitativo da esportare nei paesi in via di sviluppo.
Indubbiamente i costi di realizzazione si sono rivelati piuttosto alti, e questo sembrerebbe precludere la diffusione del progetto in paesi a basso reddito. Ma bisogna anche tener presente che una volta definita una versione standard dell’abitazione e ridotto al minimo lo sforzo di miglioramento del design i costi potrebbero essere largamente abbattuti. L’idea di esportare questo progetto in paesi poveri non è poi così folle. Soprattutto in quei contesti in cui scarseggiano le materie prime necessarie per un’edilizia classica. Pneumatici, bottiglie e lattine non sono difficili da trovare. Il loro utilizzo a fini abitativi potrebbe addirittura risolvere, anche se in piccola parte, il problema della gestione dei rifiuti. L’autosufficienza energetica dell’edificio è un grande vantaggio.
Oggi la piccola costruzione è stata inglobata nel complesso universitario e adibita a luogo di ricerca. Gli studenti che l’hanno progettata e costruita non possono viverci dentro perché non sono riusciti ad ottenere la licenza di abitabilità. Building Tomorrow è ora una organizzazione non-profit. I ragazzi promettono di inserire a breve nel loro sito internet buona parte del materiale tecnico fin qui prodotto, rendendolo una risorsa aperta a tutti.