Hanno lavorato per due anni e mezzo al progetto, che si chiama Building Tomorrow. E lo hanno fatto senza avere la benché minima esperienza pratica nel campo delle costruzioni. Studenti di ingegneria, di architettura, di management e di marketing. Accomunati da un’idea semplice. Costruire un edificio tecnologico riducendo al minimo possibile l’impatto sull’ambiente, sia nella fase di realizzazione che in quella di utilizzo domestico.
E ci sono riusciti. La piccola abitazione è stata realizzata con prodotti di scarto come pneumatici (quasi 800), bottiglie e lattine. Ed ora è in grado di autoprodurre corrente elettrica, acqua potabile e riscaldamento. Un modulo fotovoltaico e una turbina eolica assicurano la produzione di energia. Alcuni sensori installati nelle pareti e sul tetto, e connessi a un computer centrale, permettono di gestire in maniera efficiente la temperatura interna e il consumo di energia. Quindi la casa è quasi completamente indipendente dall’ambiente circostante. Una sorta di piccola isola tecnologica. Costruita grazie ai finanziamenti di cinquanta aziende private e alla collaborazione di oltre cento volontari che hanno gratuitamente offerto il proprio lavoro manuale.
Il punto debole del progetto sono i costi. Il budget iniziale di 60.000 corone danesi (circa 8.000 euro) si è rivelato subito insufficiente. E in due anni e mezzo si è accumulata una spesa di un milione di corone danesi (circa 130.000 euro). Come è stato ammesso dagli stessi fondatori di Building Tomorrow questa spesa eccessiva va in parte ricondotta alla poca esperienza dei ragazzi e al fatto che si trattasse di un progetto pilota. Una seconda ragione è invece la grande attenzione che è stata riservata al design, estremamente sofisticato nella versione finale dell’abitazione.
L’esperimento edilizio portato a termine pochi giorni fa ha suscitato parecchio interesse. Da una parte ci sono le aziende private interessate soprattutto alla gestione dei materiali di scarto e alla sostenibilità energetica. Dall’altra c’è chi invece vede in Building Tomorrow una sorta di prototipo abitativo da esportare nei paesi in via di sviluppo.
Indubbiamente i costi di realizzazione si sono rivelati piuttosto alti, e questo sembrerebbe precludere la diffusione del progetto in paesi a basso reddito. Ma bisogna anche tener presente che una volta definita una versione standard dell’abitazione e ridotto al minimo lo sforzo di miglioramento del design i costi potrebbero essere largamente abbattuti. L’idea di esportare questo progetto in paesi poveri non è poi così folle. Soprattutto in quei contesti in cui scarseggiano le materie prime necessarie per un’edilizia classica. Pneumatici, bottiglie e lattine non sono difficili da trovare. Il loro utilizzo a fini abitativi potrebbe addirittura risolvere, anche se in piccola parte, il problema della gestione dei rifiuti. L’autosufficienza energetica dell’edificio è un grande vantaggio.
Oggi la piccola costruzione è stata inglobata nel complesso universitario e adibita a luogo di ricerca. Gli studenti che l’hanno progettata e costruita non possono viverci dentro perché non sono riusciti ad ottenere la licenza di abitabilità. Building Tomorrow è ora una organizzazione non-profit. I ragazzi promettono di inserire a breve nel loro sito internet buona parte del materiale tecnico fin qui prodotto, rendendolo una risorsa aperta a tutti.