Nell’Eurozona molti “governi oggi hanno forti incentivi a riformare: se i governanti non lo fanno spariranno per sempre dalla scena politica perchè non saranno rieletti“. Anche perché “gli elettori devono mandare a casa i governi che non sono riusciti ad agire contro la disoccupazione”.  Il presidente della Bce Mario Draghi ci è andato giù piuttosto duro nel corso di un incontro alla Brookings Institution di Washington. Ogni riferimento all’Italia è puramente casuale. Tanto più che il governatore della Bce non ha perso l’occasione per “smontare” l’ultima conquista di Matteo Renzi: il Jobs Act“Non credo” che la riforma del lavoro in Italia si tradurrà in massicci licenziamenti, ha detto sottolineando che l’Italia è da anni in recessione e la disoccupazione è già elevata, dato che “le aziende hanno già agito: le imprese che hanno voluto o dovuto licenziare lo hanno già fatto”. E, in ogni caso, “le riforme del mercato del lavoro devono rendere più facile per le aziende assumere giovani ma non più facile licenziarli”. 

Quanto agli scostamenti dai parametri comunitari di bilancio, per Draghi “Mettere in dubbio lo spirito del contesto di governance fiscale sarebbe autolesionista”, auto distruttivo, “i governi devono avere lo spazio di bilancio e la sostenibilità delle finanze pubbliche non deve essere messa in dubbio”. Tanto più che “anche nei Paesi senza spazio fiscale, si può comunque sostenere la domanda alterando la composizione del bilancio, in particolare tagliando al tempo stesso le tasse distorsive e le spese improduttive“. Quindi se da una parte è necessario “ampliare la fonte di entrate”, bisogna vagliare meglio le scelte di spesa: “In Europa c’è bisogno di investimenti nel digitale e nell’istruzione, più che investimenti infrastrutturali“, ha aggiunto Draghi, pur senza menzionare esplicitamente il discusso decreto Sblocca Italia o i ritardi del Paese nella banda larga ovvero la situazione scolastica.

In ogni caso governi dell’eurozona “sanno bene cosa devono fare” e “non hanno bisogno dei nostri consigli”. Per Draghi i governi “hanno semplicemente bisogno di attuare le loro specifiche riforme strutturali nazionali e, più vigorosamente lo faranno, più credibile sarà la crescita e più rapidamente risalirà la fiducia di imprese e di consumatori”. Dal canto suo l’ex governatore di Bankitalia si difende. “La Bce è riuscita piuttosto bene a difendersi dalla politica e si è mossa in modo aggressivo e le sue decisioni hanno già avuto un impatto forte”, dice sostenendo che “ci sono segnali di stabilizzazione dei flussi di credito“. Il settore bancario europeo “si sta progressivamente ripulendo e il processo di deleveraging (riduzione del livello di indebitamento, ndr) sta volgendo al termine”, per questo “mi aspetto un’accelerazione rapida del credito il prossimo anno”. Secondo Draghi “le banche avranno una nuova capacità di bilancio per i prestiti” e la politica monetaria della Bce “diventerà più efficace”.

Quindi tocca appunto ai governi. “Senza riforme, non può esserci ripresa”, ha ribadito sottolineando di essere consapevole di chi dice che le riforme si fanno meglio in tempi buoni. “Troppo spesso le riforme sono state posticipate durante i tempi cattivi e poi dimenticate in tempi buoni. Non sono certo certo che ci saranno tempi molto buoni se non facciamo riforme ora. E questo perché i problemi che ci troviamo ad affrontare in Europa non sono ciclici ma strutturali”. E “il rischio di fare troppo poco supera quello di fare troppo”.  

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