“Ieri i senatori hanno fatto un grandissimo passo avanti”. Poche ore dopo il caotico voto di fiducia al Senato per il Jobs act, con un consenso maggiore di quello che si potesse pensare, il premier Matteo Renzi risponde così a chi gli chiede di commentare quanto avvenuto a Palazzo Madama e sottolinea che “il margine” dei voti della maggioranza “è molto forte, 165 a 111: sono molto contento anche del risultato numerico. Mi sembra che stia crescendo il sostegno. Noi andiamo avanti”.
Il maxi emendamento del governo è, secondo i democratici, la “fiducia più alta dopo quella per le dichiarazioni programmatiche del premier”. Facendo un rapido calcolo tra le composizioni dei gruppi e le risposte che ci sono state alle due chiame da parte dei senatori si può dire che sono mancati circa 6 voti ai 171 della maggioranza, ma che ci sono stati 5 voti in più rispetto alle aspettative del governo che si assestavano a quota 160. La maggioranza era comunque di 140 voti, tetto che è stato superato per 25 voti. È la ventiquattresima volta che il governo chiede la fiducia e la prima volta il governo di Renzi ottenne 169 sì.
Certo è che alla votazione si è arrivati dopo una giornata convulsa. In cui i senatori non hanno risparmiato anche un lancio di libri contro il presidente Pietro Grasso. “Gli italiani sono stanchi delle sceneggiate di alcuni senatori, rimane l’amarezza perché i lanci di libri” contro la presidenza “sono immagini tristi per i cittadini che si domandano che senso abbia. È fondamentale che si sia un recupero di logica e serenità” dice il presidente del Consiglio parlando ai cronisti nel tragitto da Palazzo Chigi al Nazareno. “Ringrazio tutti i gruppi per aver votato fino all’una di notte. Ancora una volta, come sulle riforme costituzionali, si dimostra che ci sono senatori che vogliono bene all’Italia e senatori che continuano con le sceneggiate. Alla fine però stanno stancando anche i loro elettori, è un problema anche per loro”.
Quello che appare un buon risultato per la tenuta della maggioranza mostra però anche smagliature all’interno del partito. Entrando più nello specifico, i tre senatori Dem più ostili alla riforma: Corradino Mineo, Felice Casson, Lucrezia Ricchiuti non hanno partecipato al voto. Walter Tocci, invece, ha detto sì, ma poi ha annunciato che subito dopo si sarebbe dimesso da senatore. E proprio sul caso Tocci il segretario Pd fa sapere che farà “di tutto perché Walter Tocci, che è una persona che stimo molto, continui a fare il senatore. Ha espresso le proprie posizioni ma poi ha accettato la linea del partito. La sua intelligenza, passione e competenza sono necessarie in un partito che ha il 41%. Proverò a dirgli che le sue dimissioni sono un errore”.