Il sovraffollamento delle nostre carceri era stato all’origine della decisione del giudice Riddle, della Westminster Magistrates’ Court di Londra, che, nel marzo scorso, aveva negato l’estradizione di Domenico Rancadore, condannato in Italia nel 1999 per associazione mafiosa ed estorsione.
Per un grave errore della Procura della Corona, che non ha rispettato i termini previsti per espletare le formalità relative alla proposta d’appello, Rancadore si è ritrovato di nuovo libero e il procuratore di Palermo, Roberto Scarpinato, ha dovuto formulare una nuova richiesta di estradizione contenente ulteriori garanzie ed assicurazioni.
Rancadore è stato quindi riarrestato e liberato dietro cauzione con l’obbligo di indossare il braccialetto elettronico: dovrà ripresentarsi in tribunale il 21 ottobre per un’udienza nel corso della quale verrà ascoltato un esperto, nominato dalla difesa, sulle condizioni delle carceri italiane. Sarà inoltre presentata entro domani una relazione sullo stesso argomento da esaminare prima dell’udienza.
L’avvocato di Rancadore, Alun Jones, noto per aver difeso le ragioni della Spagna nella richiesta di estradizione del generale Pinochet, aveva nominato come esperto Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, che, citato nella sentenza del giudice Riddle, fa riferimento ai parametri della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, i famosi 3 metri quadri a persona (“for the Echr cell space of less than 3 square metres for any prisoner in any case means a violation of article 3”) per poi riportare e confutare un dato ufficiale italiano sulla capacità complessiva delle nostre carceri (“The official accommodation capacity is 47,615, but Antigone believe the true capacity is 37,000”).
Vale la pena osservare che il dato ufficiale italiano citato da Gonnella è stato presumibilmente calcolato secondo i parametri italiani, che però sono diversi da quelli europei.
Sulla base di quali criteri viene elaborato il dato della capienza complessiva del sistema penitenziario italiano, pubblicato dal ministero della Giustizia? Sentiamo Alessandro Albano e Francesco Picozzi, funzionari dell’Amministrazione penitenziaria che hanno rilevato l’esistenza di “una certa confusione in merito al concetto di sovraffollamento carcerario“: “Il problema” spiegano gli autori in un loro contributo “sorge in quanto la nostra normativa nazionale non stabilisce quale sia la superficie regolamentare degli ambienti detentivi né prevede alcuna regola sulla determinazione della capacità ricettiva degli istituti penitenziari”.
Quindi “nel silenzio del Legislatore, l’Amministrazione penitenziaria calcola la capienza delle camere di pernottamento «secondo un parametro […] in base al quale le celle «debbono avere una superficie minima di mq 9, se per una persona, e di mq 14, se per due persone». Si tratta, però, di parametri concepiti per le camere da letto delle abitazioni civili e non per le carceri, utilizzati faute de mieux dall’Amministrazione penitenziaria, dunque non giuridicamente vincolanti”.
Il parametro della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è stato invece “elaborato con specifico riferimento alle carceri e, data la peculiare natura delle sentenze della Corte, è da considerarsi giuridicamente cogente, così configurando in capo a ciascuna persona detenuta il «diritto ad uno spazio minimo incomprimibile”.
I due parametri sono dunque “diversi per valore giuridico, poiché solo quello elaborato dal Giudice della Convenzione può essere fatto valere in giudizio da parte degli interessati; in secondo luogo, differiscono dal punto di vista dimensionale, considerato che mentre per il criterio “italiano” una cella di 14 mq è appena sufficiente per due persone, ai sensi della giurisprudenza Cedu può legittimamente ospitarne quattro”.
Patrizio Gonnella, ancora citato nella sentenza del giudice Riddle, rifiuta anche “di accogliere la nozione di tollerabilità adottata dal governo in quanto soggettiva e variabile”.
Di che si tratta? Sempre secondo Albani e Picozzi , in Italia, la capienza “tollerabile” viene «individuata, orientativamente, nel doppio di quella regolamentare» sebbene “Tale prassi, oggetto di ripetute critiche dottrinali, soltanto negli ultimi anni sembra essere stata abbandonata, in favore della pubblicazione nelle statistiche ministeriali della sola capienza regolamentare”.
Se ne deduce che, per quanto soggettiva e variabile, la capienza “tollerabile” italiana resterebbe sempre più favorevole al recluso rispetto a quella fissata dall’Europa, (cioè basata su 9 mq: 2 = 4,5 mq a persona quella italiana, basata su 3 mq a persona quella europea) e anche a quella raccomandata dal Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura (4 mq a persona) alla quale, per misteriosi motivi, la Corte Edu non si è uniformata.
Purtroppo i parametri sono teorici e la realtà è ben diversa. Ma, per quanto orribile e indecente possa essere la situazione di affollamento delle nostre carceri, sorge il triste sospetto che negli altri paesi europei la condizione dei reclusi non sia poi molto più allegra e che l’Italia sia sì una pecora nera, ma in un gregge di pecore nere.
Il triste sospetto potrebbe essere confermato se si usasse maggiore cautela nella comparazione dei dati sul sovraffollamento, tenendo conto che le regole per stabilire la capienza degli istituti penitenziari non sono omogenee, ma variano da paese a paese.
E, in caso di conferma del sospetto, mal comune non sarà mezzo gaudio, ma una vergogna per tutti.