È con questo un tweet che Sabina Guzzanti commenta la decisione della corte d'Assise di Palermo di non ammettere gli imputati - i boss mafiosi e l'ex ministro Nicola Mancino - alla deposizione del presidente della Repubblica nell'ambito del processo sulla Trattativa Stato-mafia
“Solidarietà a Riina e Bagarella privati di un loro diritto. I traditori nelle istituzioni ci fanno più schifo dei mafiosi”. È con questo un tweet che Sabina Guzzanti commenta la decisione della corte d’Assise di Palermo di non ammettere gli imputati – i boss mafiosi e l’ex ministro Nicola Mancino – alla deposizione del presidente della Repubblica nell’ambito del processo sulla Trattativa Stato-mafia.
Solidarietà a Riina e Bagarella privati di un loro diritto. I traditori nelle istituzioni ci fanno più schifo dei mafiosi
— SabinaGuzzanti (@SabinaGuzzanti) 9 Ottobre 2014
Il cinguettio della Guzzanti, che ha diretto un film sulla Trattativa, è stato criticato da alcuni degli utenti, ma l’attrice e regista ha risposto con durezza: “Leggo molti ‘vergognati’ di gente che su questa vicenda non sa nulla. Ho fatto #latrattativa perché non dobbiate voi vergognarvi”. In un altro tweet la Guzzanti ha scritto in cui ha invitato il presidente Napolitano a testimoniare: “Le stragi sono state progettate all’interno delle istituzioni i mandanti sono colpevoli quanto gli esecutori. #napolitano testimonia”.
I boss e lo stesso Mancino avevano chieste di poter assistere alla deposizione prevista al Quirinale il 28 ottobre. Riina e Bagarella avrebbero assistito partecipando come avviene per tutte le udienze in video conferenza dal carcere. Ma per i giudici di Palermo esiste una immunità che garantisce la più alta carica dello Stato e per questo all’udienza potranno essere presenti soltanto i pubblici ministeri e gli avvocati difensori. Esclusa anche la parte civile rappresentata dai familiari delle vittime della strage di via Georgofili.
È la Costituzione a riconoscere una immunità che di per sé impedisce la presenza degli imputati. Secondo i giudici l’”ordine pubblico e alla sicurezza nazionale” sono “interessi supremi” e possono essere “possibili motivi derogatori di quel principio di carattere generale” sulla pubblicità del giudizio.