E' il vicepresidente della Camera a fare l'ultimo intervento politico, che va oltre le rivendicazioni sul lavoro svolto e traccia le prospettive del Movimento: "Se noi fossimo al governo realizzeremmo un programma..una cosa rivoluzionaria". Nega di avere ricevuto una "investitura", ma dopo di lui, sul palco, sale solo Beppe Grillo. Che rilancia sul referendum anti-euro: "Porteremo 3-4-5 milioni di firme"
“Non so quando sarà ma dobbiamo essere pronti a governare”. E’ Luigi Di Maio, a chiudere Italia 5 Stelle, la tre giorni del Movimento a Roma. Dopo di lui interviene solo Beppe Grillo: “Guardateli questi ragazzi cosa sono diventati. Dei mostri. Nel giro di un anno lo so che manderanno me e Casaleggio al Parlamento europeo con Mastella”. La piazza si riempie per l’ultimo saluto ai parlamentari. Bandiere e striscioni accolgono il vicepresidente della Camera, Alessandro Di Battista e Laura Castelli. Ma gli occhi alla fine sono tutti per Di Maio, il portavoce che gioca a non essere il punto di riferimento di un gruppo che da qui cerca di ripartire per gli impegni in Parlamento, ma anche per la politica sul territorio. Ed è proprio lui a offrire una visione del futuro che mai prima altri avevano azzardato nelle fila grilline: “Sogno una Repubblica di tanti Enzo Ferrari e non di Scilipoti. Cosa succederebbe se noi fossimo al governo? Che il programma della campagna elettorale sarebbe realizzato. Una cosa rivoluzionaria”. Poi c’è solo Grillo, che riprende le parole dei comizi dei giorni scorsi, ma soprattutto lancia un nuovo appuntamento: “Martedì saremo con tutti e 150 i parlamentari M5S a Genova per aiutare a spalare il fango. Tanto gli eletti sono abituati a spalare merda tutti i giorni in Parlamento. Meglio il fango di Genova”. E poi, sul referendum consultivo sull’euro: “Faremo una legge popolare per uscire dall’euro. Porteremo 3, 4, 5 milioni di firme in Parlamento”.
Quello che già si era visto nelle ultime manifestazioni, al Circo Massimo è diventato un battesimo. I parlamentari prendono la scena di Grillo. Parlano sopra e sotto il palco, sono quelli più cercati per lamentele e osservazioni. Barbara Lezzi, Vito Crimi, Nicola Morra, Riccardo Fraccaro, Mario Giarrusso. Solo alcuni dei volti. Ma poi c’è solo Di Maio. Il giovane “vecchio”, come lo chiamano con affetto tra gli stand, che non solo trascina ma anche un po’ intimorisce perché “serio e preparato”, o almeno così viene percepito. “Andate alle feste dell’Unità se volete trovare un leader”, si difende Di Maio. Ma lui è il vicepresidente della Camera, colui che si è seduto al tavolo con Matteo Renzi per parlare di legge elettorale e il portavoce che tutti vedono come il potenziale nome da fare quando servirà che solo uno vada avanti. “I giornali si sono inventati questa cosa della leadership. Qui siamo una comunità di persone che vuole comunicare tutti insieme. Tante teste pensanti ma nessuna testa di legno”.
E anche lui consacra quella che pare essere la prossima strategia parlamentare dei 5 Stelle, ovvero l’ostruzionismo. “Io ci sono stato al tavolo con quelli là”, dice Di Maio riferendosi ai tavoli con il Partito democratico. “Gli ho detto mettiamo insieme i voti e facciamo una legge elettorale con le preferenze. Renzi mi ha risposto chiudendosi a colloquio con Berlusconi e blindando la legge. Allora noi andiamo oltre”. Le regole, secondo Di Maio, sono la forza del Movimento. Tanto che indirettamente dà la scadenza di ogni protagonismo personale. “Ci siamo dati delle regole e abbiamo deciso di rispettarle: solo due mandati e poi si torna a casa. E se ti candidi, lo fai dove sei residente perché devi conoscere il tuo territorio”.
Il vicepresidente della Camera parla di visioni e di futuro, di come vede l’M5s e l’Italia. E’ tra le critiche più sentite tra gli stand del Circo Massimo: “Manca una visione complessiva di come vediamo le cose”. Di Maio dà la sua risposta facendo alcuni esempi: “Io vorrei che facessimo un esercizio”, dice, “e immaginassimo un’Italia a cui arrivano un milione di euro alle start up innovative. Un’Italia dove chi inquina rischia fino a 30 anni di galera. Dove i nostri figli non devono più mangiare cibo di importazione. E dove le famiglie non devono spendere soldi per i libri perché ci sono ebook. Questi punti sono già programma dello Stato grazie al Movimento 5 stelle”.
A Grillo, subito dopo Di Maio sul palco, non resta che salutare e abbracciare i suoi alla fine della lunga manifestazione. Canta e fa battute. I contenuti politici li hanno già espressi i parlamentari. “Io non sono mai stato così sicuro”, dice, “che ci stiamo riappropriando della nostra anima. Noi non possiamo diventare un’istituzione. Noi siamo una pausa. Noi abbiamo fatto scomparire tutto. Comincia adesso l’avventura signori”. Gli appuntamenti per il futuro li scandisce Grillo: la raccolta firme per il referendum su euro e reddito di cittadinanza e gli appuntamenti elettorali in Calabria e Emilia Romagna. “Ci vediamo a casa vostra. L’applauso oggi lo facciamo a voi”.
Prima di Di Maio, interviene il deputato Alessandro Di Battista. Per lui applausi e cori con il solito ritornello: “Onestà, onestà, onestà”. Trascina di più del collega deputato, lo chiamano dalla folla come fossero a un concerto. E lui parla di politica estera: Gheddafi, la Siria e la lotta al Ttip. “Se fossimo al governo a Obama diremmo che essere alleati non vuol dire lasciargli fare tutto quello che vuole”. E poi chiede “disobbedienza civile”: “Non possono morire gli italiani per salvare l’Europa. Ci vogliono passivi e ci vogliono ignoranti. Senza disobbedienza civile, senza degli atti molto forti, non potremo fare nulla. Quando siamo saliti sul tetto della Camera il sistema ha avuto paura. Noi non siamo violenti, ma non dobbiamo essere stupidi”.
Tra i tanti portavoce uomini, il volto femminile che Grillo lascia sul palco prima della chiusura è Laura Castelli. Deputata tra le più in vista all’inizio della legislatura, si è fatta da parte ai tempi dei compromessi e dei tavoli con il Partito democratico che ha sempre combattuto. Ora torna ad essere tra i volti in prima linea. “Ci dicono che non ci sono soldi”, afferma. “Ma non è vero, è una questione di priorità. Io voglio stare in un paese che sceglie, ma per il popolo italiano. Abbiamo il coraggio di essere legali”.