Mi son permesso di mandare qualche tweet a differenti leader politici, chiedendo loro se vi sono squadre di volontari strutturati dal loro partito che sono operanti su Genova. Nessuna risposta. Restano solo dei giovani volontari #angelidelfango, senza posizione politica, che si stanno dando un gran da fare. Semplicemente la società civile, al netto di ogni posizione politica, fa la sua parte per ristorare una città devastata dal clima e dalla incuria della classe politica (che però accusa la burocrazia).
Il problema clima e politica tuttavia è ben più ampio di quel che possa apparire. Tragedie come Genova, in termini climatici, è probabile che andranno aumentando. Il clima mondiale sta cambiando, anche se evito di parlare di riscaldamento globale. Il timore che mi assale è che l’intera classe politica italiana non abbia nessun piano per i cambiamenti climatici. Intendiamoci, prevedere Genova non era possibile da un punto di vista climatico, ma da un punto di vista di gestione delle acque, opere pubbliche adatte al riflusso o riparazione delle esistenti opere, era possibile.
Quante Genova esistono in Italia? Temo troppe. Solo che ancora s’ignora il rischio manifesto. Che l’urbanizzazione selvaggia del boom economico italiano abbia fatto scempio di torrenti, valli e terreni instabili non è certo un segreto. Tuttavia i cambiamenti climatici che colpiranno anche l’Italia nei prossimi anni possono esacerbare questa incuria e mal gestione del territorio.
La gestione delle acque come risorsa idrica è sintomatico. Al sud si rischia la siccità in estate (esclusa questa estate piovosa forse) ma il sistema di condutture perde acqua. La gestione delle opere di canalizzazione delle acque piovane è egualmente critica ma tra burocrazia, politici che si alternano (e quando cambia il partito al potere in una città o regione, il nuovo gruppo eletto cerca prima di tutto di demolire quanto fatto dal vecchio per dimostrare di essere “innovativo”). La pianificazione di un’agricoltura sostenibile con metodi di irrigazione a goccia, una tecnologia piuttosto vecchia ma efficace, ancora stenta a diffondersi.
Dell’ambiente si parla solo quando ci scappa il morto. Eppure da anni le compagnie assicurative han prodotto importanti analisi sui rischi connessi. Ma parlare seriamente di pianificazione idrica, del territorio, è in vero noioso. E cosa ancora peggiore sono progetti a lunga scadenza. Di certe opere non si riesce a tracciare il loro effettivo beneficio nell’immediato. Il rischio di ogni bravo politico quindi è di proporre opere ambientali di valore ma non poterle vantare alle prossime rielezioni, con il rischio che il successore (magari di parte avversa) possa, in caso d’incidenti evitati grazie alla suddette opere, prendersi il merito. Purtroppo la politica con i suoi 4-5 anni di gestione a ogni turno elettorale (in Italia forse anche 2-3) non è adatta a gestire il cambiamento climatico.
Forse sarebbe ora che parte della gestione e delle relative decisioni (al netto di interessi personali come dimostra il recente caso del Mose) delle opere pubbliche fosse delegata ai gruppi privati che hanno a disposizione grandi mole di dati. Un esempio lo possiamo vedere qui, dove la città viene analizzata per ottimizzare la sua gestione . Ovviamente perché questo scenario abbia luogo la classe politica dovrebbe avere un briciolo di umiltà e capire di dover fare un passo indietro, su tematiche e scenari che sono troppo complessi per le loro possibilità. I politici son pronti ad ammettere la loro scarsa abilità nel gestire elementi complessi della cosa pubblica a vantaggio della cittadinanza? Non saprei.
@enricoverga