Ieri, mentre nei Tg scorrevano le immagini dei cittadini di Genova che a migliaia spalavano il fango procurato, per la seconda volta in tre anni, non dalla piena di un torrente, ma dalla criminale incuria e comprovata inettitudine di politicanti locali e nazionali da cacciare a calci nel sedere, il premier dando il cinque a qualche passante chissà dove blaterava “non vi lasceremo soli”.
Infatti la sola presenza visibile dello Stato nella città sommersa era il capo della Protezione civile Franco Gabrielli che, con il suo giubbottino da combattimento, invece di munirsi di una pala intratteneva all’asciutto i giornalisti ammettendo “valutazioni sbagliate” (naturalmente di qualcun altro) e invitandoli a “non crocifiggere” inetti e mascalzoni. Al termine dell’omelia, don Gabrielli scrutando il cielo ha detto che le previsioni “non sono affatto confortanti”. Come dire: cazzi vostri, io vi ho avvertito.
Caro Michele, è vero che il renzismo è il frutto di una sfiducia di massa nella democrazia e che, come mi dicono le persone del mondo reale, molti credono in Renzi solo perché non credono più in nulla. Però mi chiedo e ti chiedo: quanto ancora potrà durare questo esercizio illusionistico prima che il monumentale castello di annunci, linee guida, deleghe in bianco e balle varie si sfasci rovinando sulle nostre povere teste? Non me lo auguro affatto. Ma, se e quando ciò dovesse accadere, il giochino dei talk show con gli ascolti taroccati dall’interventismo del garrulo giovanotto di Rignano… puff! Si sgonfierà come un palloncino bucato.
E come dimenticare l’avvento del professor Monti e le sviolinate dell’informazione unica che inneggiava al messia, con l’eccezione del Fatto che non si fece abbindolare? Com’è finita lo sappiamo. Certo, anche se le vendite del nostro giornale sono calate rispetto agli anni del berlusconismo trionfante, quando l’opposizione civile era una febbre che agitava l’Italia, teniamoci strette le nostre 60 mila copie e tu quel milione e mezzo di persone del giovedì sera che, insieme ai conti in ordine (nel generale dissesto dell’editoria), sono il vero presidio della libera informazione che non molla. E, nella bolla, lasciamoci pure i leccaculo e gli untorelli.