Cinema

Il futuro è troppo grande, sogni e speranze della seconda generazione di migranti

Il documentario, realizzato da Giusy Buccheri e Michele Citoni, ci presenta Zhanxing Xu e Re Salvador, due giovani rispettivamente di origine cinese e filippina, che s’interrogano in prima persona rispetto alla propria identità culturale e al conseguente proprio destino

di Anna Maria Pasetti

Nel mare magnum dell’universo migranti, il cinema italiano è attirato da crescente attenzione dalle cosiddette “seconde generazioni”. Se il filone è solido e ben codificato da anni nelle cinematografie ovvero nelle culture inglesi, francesi e tedesche, da noi sta muovendo i primi passi, e il motivo è piuttosto ovvio. I conti con ragazze e ragazzi dai tratti somatici dell’estremo o medio Oriente, delle varie Afriche, del Sudamerica o semplicemente dei limitrofi Paesi esteuropei che parlano con i nostri accenti regionali non sono ancora stati fatti. A partire dallo Stato che rende loro il percorso verso la cittadinanza italiana un vero e proprio inferno: approssimativamente circa un milione di “seconde generazioni” nate e cresciute in Italia vivono ancora oggi come “stranieri col permesso di soggiorno”. La causa è naturalmente la diabolica Legge 91/92.

Di queste ed altre aberrazioni racconta assai bene il documentario Il futuro è troppo grande. Sogni, inquietudini, speranze di due giovani di seconda generazione realizzato da Giusy Buccheri e Michele Citoni ma soprattutto con immagini e pensieri di Zhanxing Xu e Re Salvador, due giovani rispettivamente di origine cinese e filippina, “seconde generazioni” a Roma, che s’interrogano in prima persona rispetto alla propria identità culturale e al conseguente proprio destino. Nello svolgersi della quotidianità di Zhanxing e Re i cineasti hanno “raccolto” le istanze profondamente critiche nelle esistenze di questi “figli di”, forzatamente apolidi, sottratti a diritti sacrosanti laddove invece dovrebbero vedersi raddoppiate le opportunità, come doppie sono le loro culture d’appartenenza. Se altrove questo è possibile, l’Italia sancisce un clamoroso ritardo contro natura, rispetto a soggetti che oggi “non ci stanno più” a queste assurdità.  

Se il giovane italiano-filippino, già dotato di cittadinanza (lo vediamo al seggio, orgoglioso di votare..) ed assai cool nel suo accento romanesco, è un talento naturale dell’hip hop (“è tutto per me, non posso definirlo, mi limito a viverlo”), studia all’università, ha una fidanzata italiana, sogna di fare il regista, Zhanxing è già laureata e vive drammaticamente la propria condizione che ancora le nega la cittadinanza italiana. “Non possiamo chiedere quasi niente. Io non riesco più a vivere in un posto in cui mi sento continuamente un bersaglio”. Per questo decide di intraprendere un viaggio alle proprie origini, tornando in Cina per capire se stessa. Anche lì, chiaramente, si stranisce perché lei di fatto è, anzi “sarebbe” italiana, romana di origini cinesi. Si sofferma su un pensiero di Mao: “Tutti i bambini possono avere successo nella vita”.. ed il suo pensiero, silente ma evidente, suona “tranne noi, migranti in Italia”. Il paradosso è che si sente straniera anche nel suo grande Paese d’origine: “In Cina mi sono sentita più italiana che mai”. Torna dunque a Roma: la vediamo atterrare a Fiumicino, accolta agli arrivi internazionali dall’amica, anche lei cinese ma con cui parla italiano. “Ho voglia di mozzarella, quanto mi manca la mozzarella”, le dice. Nel frattempo, grazie al montaggio alternato con cui le due storie muovono in parallelo, scopriamo che Re insegna hip hop, tenta di ricucire con la ragazza e s’interroga sulla propria vocazione artistica: “Si dice, impara l’arte e mettila da parte. Ecco, io dico: impara l’arte e mettila dappertutto!”.

Del documentario attualmente in concorso al Annecy Cinéma Italien, (8-14 ottobre, importante vetrina francese del cinema italiano) colpisce la determinazione di questi giovani, magnifici emblemi di nuove generazioni che non poco possono contribuire a migliorare la società italiana contemporanea. Il film, che ha già vinto svariati premi ed è stato presentato alla Camera dei Deputati, nell’ambito del dibattito “Raccontare l’Italia che cambia con le migrazioni. Le seconde generazioni”, è stato prodotto grazie al crowdfunding (che ha raccolto 254 “produttori dal basso”) e alle attrezzature del Centro Produzione Audiovisivi dell’Università Roma Tre. Oggi lo si può vedere attraverso una “distribuzione civile”, che organizza proiezioni su richiesta. Chi volesse organizzarne una in giro per l’Italia, può rivolgersi a info@ilfuturoetroppogrande.it.

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