Il neopresidente Bratti spiega quali saranno i fronti d'indagine nei prossimi mesi: "Partiremo dalle relazioni più recenti per capire dove sono finite le scorie tornate in Italia alla fine degli anni Ottanta". Focus sulle discariche interne dell'acciaieria di Taranto
La Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti, insediata a inizio settembre 2014, tornerà ad occuparsi del fenomeno delle “navi a perdere”. Lo ha comunicato in aula il presidente Alessandro Bratti, annunciando di voler anche condurre, oltre a quello sull’affondamento di mercantili carichi di rifiuti, un “approfondimento sulla vicenda dell’Ilva”. Tra i filoni d’indagine scelti finora il traffico transfrontaliero di rifiuti, le bonifiche, i rifiuti radioattivi, gli impianti di depurazione, il mercato del riciclo, gli illeciti connessi alla gestione dei rifiuti speciali, anche pericolosi.
Quello delle navi affondate nel Mediterraneo è uno dei misteri più controversi legati al traffico internazionale di rifiuti in cui è coinvolta l’Italia. “È uno dei temi diventati filo conduttore di tutte le commissioni bicamerali sui rifiuti – ha spiegato il presidente Bratti a ilfattoquotidiano.it – Ma vogliamo evitare di rifare tutta la storia dall’inizio. Partiremo da alcuni spunti emersi dalle scorse relazioni conclusive, andando anche a rileggere tutti i documenti delle commissioni precedenti, per vedere se possiamo intervenire per portare alla luce aspetti che non sono mai stati evidenziati. Come l’effettivo percorso di queste navi e dove sono andati a finire i rifiuti che sono tornati in Italia alla fine degli anni ’80”.
Tra il 1988 e il 1989 diverse “navi dei veleni”, spedite all’estero con a bordo migliaia di tonnellate di rifiuti industriali italiani, rientrano in Italia in seguito a uno scandalo internazionale. Tra queste, a destare interesse sono la motonave Zanoobia, approdata nel porto di Genova il 29 maggio 1988 con 10.500 fusti di rifiuti indutriali speciali e pericolosi, bonificati dalla società Castalia; la motonave Karin B, rientrata a Livorno il 19 settembre 1988 da Port Koko, in Nigeria, gestita dalla Ecoservizi di Brescia; la motonave Deep Sea Carrier, arrivata nel porto di Livorno nell’ottobre del 1988 dalla Nigeria; la motonave Jolly Rosso, giunta nel porto di La Spezia nel gennaio del 1990 da Beirut in Libano.
Nella precedente legislatura, la Commissione parlamentare sui rifiuti presieduta da Gaetano Pecorella aveva dedicato un’intera relazione al fenomeno delle navi, affrontando in particolare la scomparsa della motonave Rigel (affondata il 21 settembre ’87 al largo di Capo Spartivento, nello Ionio calabrese, sospettata di trasportare “uranio additivato”), la nave ro-ro Rosso (ex Jolly Rosso, spiaggiata il 14 dicembre ’90 ad Amantea in Calabria) e il cargo Cunski, scomparso nel nulla nel ’91 dopo aver partecipato alle operazioni di rientro dei rifiuti tossici italiani dal Libano (e, secondo le dichiarazioni del pentito di ‘ndrangheta Francesco Fonti, affondato nel ’92 al largo di Cetraro). A firmare la relazione conclusiva sulle “navi a perdere” nel febbraio 2013 era stato proprio Bratti insieme al presidente Pecorella.
Tra le vicende approfondite – in una relazione dedicata – anche la morte dell’investigatore che indagava sulla scomparsa delle navi, il capitano di corvetta Natale De Grazia, morto in missione il 13 dicembre ’95 dopo aver consumato una cena con due carabinieri, avvelenato da una “causa tossica”. “Vogliamo andare fino in fondo anche sulla morte di De Grazia – continua il presidente Bratti – la relazione conclusiva parlava di “mistero irrisolto del nostro Paese”, ma noi ora a partire da quel punto vogliamo andare avanti”.
Su proposta dei deputati del M5S la Commissione – che si occuperà anche delle discariche interne allo stabilimento dell’Ilva di Taranto – ha aderito al codice di autoregolamentazione adottato dalla Commissione antimafia, estendendolo alle condanne anche non definitive per i reati contro l’ambiente, e disponendo in tal caso la revoca dell’incarico per i collaboratori esterni.