“È «deprimente» constatare che se la maggioranza della Bce non avesse seguito le decisioni di Mario Draghi ma le obiezioni dei tedeschi, a quest’ora «l’euro non esisterebbe più». Ed è altrettanto avvilente, per un politico di razza come Joschka Fischer, ammettere che il suo Paese sia attualmente il più grande pericolo per l’Europa. «Se non cadono i tabù tedeschi»…e se non si esce dallo stallo provocato dalla politica dei «piccoli passi», tanto cara ad Angela Merkel e bollata come pragmatismo «pigro» e «difensivo», l’epilogo tragico è certo.

«Bisogna prepararsi seriamente alla fine del progetto europeo» scrive l’ex ministro degli Esteri tedesco nel suo nuovo libro dal titolo eloquente, «Scheitert Europa?» («L’Europa fallisce?») che è anzitutto un durissimo atto di accusa contro la Germania della Cancelliera. L’ex enfant prodige dei Verdi tedeschi, figura chiave dei governi Schroeder, traccia un bilancio amaro della crisi, che ha messo in luce una verità fondamentale sulla moneta unica: era stata progettata «per il bel tempo». L’uragano della bolla immobiliare americana e lo scoppiare della Grande crisi l’hanno colta impreparata. Ma se lo tsunami da subprime ha preso piede nel Vecchio continente, è anche per l’incapacità di molti politici di capirne la portata. Un anno dopo il crash, il ministro delle Finanze Peer Steinbrueck continuava a parlare di «crisi americana». Senza accorgersi che «i lembi del suo frac stavano già prendendo fuoco», scrive Fischer…E nell’autunno caldo del 2008, Angela Merkel si rese responsabile di una decisione che contribuì secondo l’ex ministro degli Esteri ad accelerare il disastro finanziario: rifiutò una soluzione comune europea sin dall’inizio, inaugurò il triste filone dell’«ognun per sé».

Fischer ritiene inoltre devastante l’austerità «alla tedesca», perché ha imposto ai Paesi del Sud Europa una deflazione interna dei salari e dei prezzi che avrebbe ora bisogno di essere mitigata da una «soluzione comune per tutti i debiti pregressi». Bloccando quest’opzione, Berlino sta condannando il Sud Europa alla «trappola» della spirale dei debiti, cioè a non uscire mai dalla crisi. E il politico accusa il suo Paese di avere la memoria troppo corta, in questo accanimento pedagogico contro i partner meridionali. «Sorprendente», scrive, che la Germania abbia dimenticato la storica Conferenza di Londra in cui l’Europa nel 1952 le abbonò tutti i debiti. Senza quel regalo, «non avremmo riconquistato la credibilità e l’accesso ai mercati», la Germania «non si sarebbe ripresa e non avremmo avuto il miracolo economico»…

All’inizio della crisi, osserva Fischer, l’Europa [è stata investita da un] fiume…in piena…Merkel ha delegato al «governo sostitutivo dell’eurozona», come Fischer chiama la Bce, l’onere del salvataggio. Ma si tratta di una soluzione, alla lunga, destinata a fallire. Né Schmidt, né Kohl, è l’affondo finale di Fischer, avrebbero reagito in modo così «indeciso» e «con lo sguardo rivolto all’indietro» alla crisi come la Cancelliera: avrebbero anzi approfittato dell’impasse per fare un altro passo importante verso l’integrazione europea.”

Fin qui l’articolo de “La Stampa. Che dire? Intanto, i miei concittadini che amano flagellarsi, spiegare tutto con i vizi microeconomici italiani, quelli che “Basta scaricare sugli altri le nostre responsabilità!”, dovrebbero riconsiderare tutta la questione da cima a fondo. Se lo dice un tedesco…L’Euro crea una forte interdipendenza; la crisi è “macro”, manca la domanda (per colpa dei tedeschi). Se non c’è benzina, l’auto non riparte se ripari la carrozzeria o cambi ancora l’olio nel motore.

In secondo luogo, Fischer è ancora troppo buono con la Germania: non le è infatti richiesto di mettere “in comune i debiti pregressi”, o che ci aiuti. Basterebbe che rispettasse le regole. Che abbassasse il surplus commerciale: più domanda => più importazioni. E consentisse alla Bce di fare il suo lavoro: produrre un po’ più d’inflazione, recuperando quanto è stato perso fin qui in termini di dinamica dei prezzi, e riportando la media dell’inflazione degli ultimi anni al 2%. Queste sono alcune delle regole scritte che la Germania ha violato in questi anni. Ma non esistono solo le regole scritte. Esistono anche le regole di civile convivenza, che a casa mia hanno una valenza anche maggiore. In una recessione grave, già un surplus di partite correnti del 4% del Pil è inaccettabile: figuriamoci del 7%! Difatti al G20, fin dal 2009, tutti hanno sottoscritto un accordo in questo senso: la Cina lo ha rispettato, la Germania no. Il danno inferto a chi non può svalutare è sommo: non si misura solo in termini di mancate esportazioni, ma soprattutto in termini di paralisi indotta della politica di bilancio.

Infine, a quelli che “È sempre tutta colpa degli americani!” chiedo: nel freddo isolamento geo-politico in cui siamo finiti chi sono i nostri veri amici? La scorsa settimana Larry Summers – in una riunione del G20 – ha maltrattato Schäuble  davanti a tutti, accusandolo senza mezzi termini – unico fra i presenti – di essere il primo responsabile della crisi europea. Schaube ha provato a reagire, ma ha avuto molte difficoltà a tenere testa a Summers.

Meditate, gente meditate!

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