La morale è che se fossi azionista Luxottica (e non lo sono) mi girerebbero vagamente i cabasisi. E mica perché il management ha toppato qualche mossa strategica, no. Per una questione di signore che spingono, di figli da piazzare, beghe familiari insomma. Capirete che un azionista non se ne fa esattamente una ragione se la Borsa gli ciuccia un bel nove così, tra il lusco e il brusco.
Ma questa storia fa capire esattamente che mestiere facesse Andrea Guerra, oltre all’amministratore delegato: il tutor. E lo si intuisce perfettamente proprio nel momento in cui viene gentilmente messo alla porta dal vecchio Leonardo e il coperchio salta. Liberati dell’aguzzino che teneva alla porta le “pretese” familiari, l’assalto è degno dei forti di Forte Coraggio.
Il nuovo amministratore delegato batte il record di permanenza nel ruolo: qualche minuto. Il tempo di capire, il povero Cavatorta, che gli avrebbero piazzato una sentinella amica della signora Del Vecchio e tu guarda il destino, racconta Giovanni Pons su Repubblica, «vicino di pianerottolo della Zampillo ai tempi del matrimonio con Basilico (fondatore di Kairos) e fidanzato dell’attuale investor relator del gruppo».
Ora, la prima considerazione, e che valuterei splendidamente, è che in Luxottica, visti gli intrecci amorosi, si lavora sì da bestia ma c’è anche il tempo per relazionare ampiamente con le colleghe, cosa che secondo me Marchionne manco si sogna (sotto questo aspetto lo manderei a lezione dal buon Del Vecchio). La seconda, invece, ci riporta a Guerra che a questo punto potremmo considerare, a buon diritto, novello Signor No (ricordate Ludovico Peregrini, il signor No di Mike?). Perché oltre alle porte sbarrate in azienda, il nostro si è distinto per un altro no, quello a Matteo Renzi, che per paradosso ha indispettito gli opposti: il premier che lo credeva un fedele purchessia, secondo gli stilemi deboli con cui valuta i rapporti personali, ma anche Leonardo Del Vecchio che invece di rallegrarsene, se n’è doluto per l’eccessivo temporeggiamento.
In questo, chissà quanto sospinto dalla famiglia. La signora Zampillo-Del Vecchio intanto ha parlato con il Corriere della Sera. E a stento abbiamo trattenuto un piccolo accenno di commozione nell’osservare con quanto trasporto, con quanta partecipazione, con quale appartenenza aziendale ha voluto testimoniare il suo rapporto con il marito e il suo totale disinteresse per le banalissime e fastidiose questioni economiche.
Alla prima domanda di Maria Silvia Sacchi, infatti, che le chiede che ruolo avesse tenuto in tutta la vicenda, la signora oppone il valore primario della famiglia: «Uno solo – ha detto -: di madre dei miei figli e di moglie di mio marito. Il mio ruolo è tutto qui». A questo punto, sempre l’azionista Luxottica di cui sopra si chiede: ma allora perché io ho perso un bel nove in Borsa se tutto va così splendidamente? Seguono altre dichiarazioni della signora, sempre totalmente rassicuranti, sino a quella più rassicurante di tutte: «Per quello che mi riguarda, farò solo ciò che vuole mio marito: se vuole che io abbia un posto tra gli azionisti di Delfin l’avrò, se non vuole per me sarà la stessa cosa. Sarò all’antica ma io la penso così».
Qualche anno fa, incontrai per Radio 3 il titolare della Mivar, Carlo Vichi, la mitica azienda di televisori da lui fondata nel 1945. Era un satanasso e già piuttosto anziano ma di una lucidità straordinaria. Ricordo le fiamme appena gli accennai la parola “sindacati”, ma ricordo un autentico vulcano eruttante quando gli prospettai l’idea di lasciare l’attività ai suoi figli.
Ne disse di tutto, piuttosto – concluse – la chiudo, l’azienda. Non ha lasciato ai figli, Vichi, e l’azienda purtroppo ha chiuso davvero pochi mesi fa. Le questioni familiari sono sempre le più delicate.