Un uomo prende a parlarmi, indica quel ponte, segna dove i container (ripeto: container) in balia della piena del torrente Baganza rimbalzavano, impennavano, sbattevano ruotando come palline di plastica. Il ponte che collega via Po a Piazzale Fiume non è crollato, ma quello che è venuto a valle gli ha tappato gli archi e l’acqua si è arrangiata come voleva, sfogandosi ai lati.
Il resto è la cronaca ancora in corso, tra fango e disagio. Parma non piange morti, ma è questione di tempo. L’Italia piange i suoi morti, è questione di scempio. L’indignazione per ciò che si doveva fare da anni sarà la stessa senza giustizia per gli anni a venire: i responsabili patteggeranno, laveranno le impronte con sapone di melma, appalteranno lavori a professionisti dal curriculum contrassegnato con post-it “amico/parente”.
E’ l’Italia ciclica del dissesto idrogeologico, dell’emergenza che fa scavalcare le regole e assegna la ricostruzione allo scandalo prossimo venturo. E’ l’Italia colta di sorpresa, quella raccomandata ai santi e agli incompetenti, quella che trasforma il disastro in orgoglio nazionale, quella che ti deruba e non ha visto niente.
Mentre la rabbia degli adulti si sfianca dopo ore di pala, la rabbia dei giovani che non si tirano indietro è un sentimento, quello del fare la cosa giusta prima che la politica dia lezione di etica. “Aspettiamo le idrovore, al momento non c’è altro da fare, stiamo bene, siamo fortunati” mi dice un ragazzo. La voce non è stanca di fatica, ma di fiducia. L’ira chiede energia che al momento è profusa nel farsi su le maniche.
La natura quieta dei torrenti presenta il conto dopo anni di incuria e container abusivi che si scoprono sughero. Nelle strade colpite c’è chi guarda e chi lavora, ma chi lavora non vede chi guarda: si dà da fare.
Cittadini qualunque imbracciano badili, brandiscono pale, la cui fatica forse un giorno sarà stanca di ricostruire, ricominciare, ripartire. Quando a tracimare sarà l’impotenza di mantenere i nervi saldi, sarà l’unica piena non imputabile alla politica impunita, da sempre latitante nel torbido o promossa a maggior danno.
Non sta accadendo altrove, ma qui e ora e Parma è solo la tappa di una cabala che semina ovunque. Piove, nonostante il sole sia da qualche parte, pioverà e non sappiamo quando e soprattutto quanto, ma dal fango fioriscono speranze che noi adulti abbiamo smesso di meritarci: ragazzi e ragazze spalano via il futuro che noi adulti gli stiamo lasciando, troppo giovani per odiare i colpevoli, ma abbastanza grandi per avere il coraggio di reagire.
Guardo e imparo, in attesa del peggio che deve ancora venire. A meno che…