Era il dicembre 2006. Su iniziativa del primo ministro spagnolo Zapatero, Jeremy Rifkin incontrò il Commissario agli affari economici Joachin Almùnia che per tutto l’incontro non fece che lamentare il costo eccessivo dell’energia rinnovabile: “Sovvenzionarla rappresenta una distorsione del Mercato – sosteneva Almùnia – una tecnologia che non è in grado di stare sul merato da sola, non dovrebbe essere spinta artificialmente dall’intervento pubblico!”.
Oggi Almunia da Commissario alla Concorrenza, ha proposto di dare il via libera agli ingenti aiuti di Stato che il governo britannico intende dare a una nuova centrale nucleare, che sarà costruita nei prossimi 10 anni a Hinkley Point, per un costo totale di 31,2 miliardi di euro (la più cara della storia) e una potenza di 3,3GW, il doppio dei progetti fino ad oggi messi in cantiere. L’esecrabile proposta di Almùnia è stata approvata dalla Commissione europea con un drammatico voto che l’ha spaccata in due (10 contro 5, con un astenuto). I sussidi di stato sono stimati a 20 milardi di euro.
Lo stesso 8 mattina a Milano andava in scena l’ipocrita tragicommedia italo-europea sull’occupazione. L’Europa della Merkel ci ha abituato a reprimende sugli aiuti che gli Stati fornirebbero ad imprese in crisi per evitare il dramma della disoccupazione (si pensi alle acciaierie di Terni o agli impianti del Sulcis). Ma dietro i giri di valzer milanesi dell’establishment continentale con il neopromosso Renzi – autoproclamatosi giustiziere dell’art. 18 – in cerca di ruolo, vediamo fra Bruxelles e Roma inquietanti operazioni che riguardano nientemeno che il nucleare futuro e quello passato.
La maggioranza di una Commisione ormai in uscita (capitanati da Almunia, Barroso, Oettinger, e dall’onnipotente segretario generale Catherine Day) si è trovata contro una minoranza qualificata composta dai Commissari all’Ambiente (Potoçik), al Clima (Hedrgaard), alle Politiche regionali (Haan) e la responsabile della Giustizia e diritti fondamentali (Reicherts). Ma hanno tirato dritto mentre un complice silenzio copriva il loro disegno.
E così, in barba alle regole tanto decantate del libero mercato, si è dato il via libera a un aiuto consistente nell’impegno che il governo di Londra prende con gli investitori e costruttori della centrale – inglesi, francesi e cinesi – a finanziare il ritorno dell’investimento, garantendo per 35 anni l’acquisto dell’elettricità generata a un prezzo stabile predeterminato, che sarà indicizzato all’inflazione! Per di più, la società che costruisce la centrale sarà protetta da qualsiasi modifica legislativa, politica, regolamentare o fiscale (inclusa la tassazione dell’uranio) che dovesse intervenire se, ad esempio, un nuovo governo a Londra cambiasse idea.
Il prezzo predeterminato e garantito fa sì che l’investimento sia completamente al riparo dalle variazioni di mercato. Se nei prossimi anni iprezzi di mercato dovessero calare, per esempio a causa dell’aumento della produzione di energia rinnovabile, i consumatori britannici dovranno continuare a pagare quello stesso prezzo ancora per decenni.
Al contrario della politica di incentivazione delle rinnovabili che è stata decisa democraticamente dall’Ue nel 2008-2009 (con voto in Consiglio ed Europarlamento su proposta della Commissione), qui è la Commissione, in scadenza a fine ottobre, che ha preso da sola la decisione a strettissima maggioranza. L’evento senza precedenti, sta già suscitando non solo le proteste delle Ong ambientaliste, dei Verdi europei e dei movimenti antinucleari, ma anche l’opposizione di alcuni governi dell’Ue, a cominciare da quello austriaco, irlandese e greco.
E il governo italiano, chiederete, forte in casa di un pronunciamento referendario contro il nucleare? Ha ben altro cui pensare e da raccontare, non solo contro i diritti del lavoro e dell’ambiente (torneremo sull’incredibile Sbloccaitalia), ma addirittura sugli affari ancora da incassare sulle scorie e il decomissioning del nostro lascito nucleare.
All’ISIN, l’Istituto che, secondo la nuova normativa, dovrebbe sovrintendere e coordinare tutta la fase della dismissione degli impianti nucleari e della costituzione del deposito di superficie dei rifiuti radioattivi, il Governo avanza la proposta di Antonio Agostini, consigliere dei ruoli della presidenza del Consiglio dei ministri, un uomo legato all’apparato organico del vecchio potere politico e che – questo è l’aspetto più grave – non ha competenze in materia. Si tratta altresì di un ruolo dal quale deve essere garantita a ogni passo informazione completa e adeguata e trasparenza delle decisioni. Ma tant’è: il cambiamento si dice, ma non si fa.
Come nel caso sorprendente, anch’esso collegato alla mancata applicazione dei referendum del 2011, della recentissima nomina di Raffaele Tiscar, nuovo e inaspettato vicesegretario generale di Palazzo Chigi: ciellino, manager del Pirellone ai tempi di Formigoni, ex ambasciatore italiano di un paio di multinazionali dell’acqua, da sempre favorevole alla sua privatizzazione. Insomma, il cambiamento e il metterci la faccia, da Bruxelles a Roma, anche quando il popolo e l’opinione pubblica si pronunciano, hanno sempre il sapore degli affari.
di Mario Agostinelli e Angelo Consoli