V’amo, o pie bocce!

Giocava alle bocce, un gioco fra i più popolari in Italia (e in Francia, dove sono state immortalate in un famoso dipinto da Henri Matisse), anche il fiero Giosue Carducci: «La passata domenica feci, a piedi, s’intende, una lunga e alpestre scorreria nei domini di Sua Maestà Apostolica, e giuocai alle bocce all’ombra della bandiera austriaca». Così scrive il grande artiere nel suo Epistolario, ma non è certamente la prima testimonianza italiana di un gioco molto antico. La sua presenza è accertabile già nel Trecento inglese, e rudimentali bocce in pietra – risalenti al 7000 a. c. all’incirca – sono state ritrovate in Turchia. Anche i greci, e prima ancora gli egizi (II millennio a. C.), praticavano un gioco non molto diverso da quello delle bocce. Lo stesso dicasi per i romani, che si divertivano con la bulla.

Il gioco delle bocce

Nel nostro paese, prima del Carducci, parla fra gli altri delle bocce Giambattista De Luca (1614-1683), «prete cardinale di Santa Chiesa», a proposito della riprovazione, da parte del legislatore, dei contratti riguardanti vari giochi, proibiti o meno (dadi, scacchi, giochi di carte, ecc.), qualora si fosse giocato a credito e non in contanti (Il Dottor Volgare ovvero il compendio di tutta la legge civile, canonica, feudale, e municipale […], tomo terzo, Colonia 1740, p. 365). Si voleva evitare, ovvio, l’indebitamento sulla parola. In un altro testo seicentesco (Regole della Disciplina Ecclesiastica Raccolte da Sacri Canoni, Concilij, e SS. Padri. Portate dalla Lingua Francese nell’Italiana, e difese da Gio. Battista Ciambotti Benefitiato di S. Maria Maggiore […], Roma 1669) leggiamo:

La Sinodo di Langres dell’anno 1404[,] in tempo di Carlo VI[,] e l’altra di Sens dell’anno 1524[,] proibiscono il gioco delle carte, dati[,] piastrelle, palle, boccie, piroli, maglio, della lotta, e d’ogne sorte di gioco di risico, col quale l’honestà Ecclesiastica venga offesa, & anco l’assistere a veder giocar gl’altri. Proibiscono parimente il gioco de scacchi, se non sia rare volte, perch[é] se bene questo è gioco honesto, che fa conoscere la sottigliezza dello spirito, richiede tuttavolta inutile applicatione, e fa perdere gran tempo (p. 34).

Un divieto, quello di giocare a bocce, che investì, nello stesso secolo (1658), anche l’America puritana; per l’Inghilterra aveva già provveduto a suo tempo Enrico VII (1457-1509), il primo monarca della dinastia dei Tudor.

Strategie e strutture di gioco

Un pallino (o boccino) in mezzo al campo di gara, e la sfida a mettere quante più bocce possibili tra lui e la prima palla avversaria. Le regole del gioco sono abbastanza semplici e universamente conosciute, ma di sistemi per approcciarsi alle bocce ce n’è in realtà più d’uno. I principali sono tre: quello all’italiana, quello internazionale e quello “punto e volo”: «Le differenze fra i tre sistemi si incontrano innanzitutto nelle dimensioni dell’area di gioco e nella segnatura che divide le zone del campo» (Mario Antonio Arnaboldi, Atlante degli impianti sportivi, Milano 1982, p. 289). Nel sistema all’italiana si può andare a punto, cercando di accostare il più possibile al pallino la boccia lanciata, ma si può anche optare per la bocciata “di raffa” o per quella “di volo”. In entrambi i casi il giocatore dovrà dire in anticipo cosa intende colpire: nel primo caso il tiro sarà rasoterra, e si potranno colpire anche le bocce comprese in un raggio di 15 cm dall’obiettivo dichiarato; nel secondo il tiro sarà valido solo se la boccia avrà toccato terra entro un raggio di 50 cm dal bersaglio.

Il gioco delle bocce

È un gioco di bocce anche la pétanque, termine derivante dal provenzale ped tanco. Qui il giocatore deve lanciare la boccia con ipieds tanqués (giunti e ancorati al suolo) e le bocce sono di metallo, hanno un diametro di 7-8 centimetri e pesano dai 650 agli 800 grammi; il pallino (cochonet) è generalmente di legno, e il suo diametro è di circa 3 centimetri. Altre varianti delle bocce sono il flat green bowls (“bocce su campo piatto”), giocato su un «campo erboso livellato» (Mario Antonio Arnaboldi, Atlante degli impianti, cit. p. 295), e il crown green bowls (“bocce su campo erboso a dorso”), «disputato su un campo erboso che presenta nella zona centrale un leggero e graduale rialzo» (ibid., p. 297).

Il resto alla prossima puntata.

di Massimo Arcangeli e Sandro Mariani

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